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I MIEI SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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UNA DONNA DIVERSA

Baltimora è sempre sullo sfondo come in tutti i libri di Anne Tyler.
La porta si apre nella casa dei Peck, famiglia agiata, vera e propria istituzione a Baltimora.
Ha un'importante studio legale, è numerosissima e vive in una grande tenuta alla periferia della città.
Caleb, figlio del capostipite, da giovane, ha abbandonato la famiglia ed i privilegi che avrebbe potuto offrirgli, per seguire la sua passione: il jazz e di lui non si è saputo più nulla.
Sono passati ormai sessant'anni.
Ben due generazioni dopo  altri due giovani componenti della famiglia conformista e benpensante, due cugini innamoratissimi, Duncan e Justin, si sposano e decidono di lasciare Baltimora: si mettono in viaggio per gli Stati Uniti alla ricerca di nuovi orizzonti.
In questo loro viaggio di città in città e che non ha mete precise,  i due si mettono sulle tracce di Caleb, come se i tasselli mancanti alle loro vite potessero trovare una collocazione, quasi che trovare le sue tracce potesse servire per dare un significato anche alle loro stesse vite.
Il viaggio, con l'andare del tempo,  sembra diventare un viaggio senza speranza.
Nel frattempo Justin è diventata una signora di mezza età appassionata di cartomanzia.
"...Justin la cartomante che non era una zingara e nemmeno una spagnola, ma una donna alta, magra e bionda con un abito sbiadito e un cappello..." a cui il vecchio Peck, il nonno, dice:
"...  le tue zie si sentono male tutte le volte che ne parliamo; lo sai come ti chiama la gente? la cartomante... giudice Peck come sta sua nipote la cartomante, sta bene? Mi viene sempre un nodo alla gola."

Sarà proprio Justin a compiere il passo decisivo con una scelta che si rivelerà determinante nella speranza di ricostruire, almeno in parte, l’ordine familiare ormai perduto.

Questo è l'ultimo romanzo, appena uscito, di Anne Tyler, scrittrice che io amo per la sua grande capacità di tratteggiare personaggi in punta di penna, con delicatezza e amore e questa è un'altra grande storia in cui entrare e da cui farsi fare compagnia sicure di non aver sprecato nemmeno un momento.

UNA DONNA DIVERSA è di Anne Tyler

 

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UNA VITA DIVERSA

Vivere una vita tranquilla e serena, in apparenza, ma, dentro, desiderare una vita diversa da quella vissuta e diversa anche da quella della propria madre.

Eleanor, May e Hannah sono tre sorelle e la loro è una ricca famiglia borghese: il padre direttore delle poste di Belfast viene arrestato per appropriazione indebita.
La famiglia è costretta a lasciare Belfast e a trasferirsi a Dublino nella casa del nonno.
L'infanzia felice finisce di colpo.
Cecilia e Mary vivono a Belfast e appartengono alla classe operaia.
Hanno già tutto ben definito, il loro futuro sarà scandito dagli orari del linificio in cui andranno a lavorare.
Sono queste cinque donne e Sofia, madre delle tre sorelle, le protagoniste di questo romanzo.
Tutto si svolge nell'Irlanda di fine ottocento in cui sono forti le tensioni che sfoceranno nelle lotte per l'indipendenza dal Regno Unito.
Conosciamo a poco a poco le vite di queste donne, nell'arco di vent'anni: i loro amori, i cambiamenti di casa, i matrimoni, la nascita di figli, gli avvenimenti drammatici, e ci muoviamo parallelamente nei grossi cambiamenti della società irlandese, cambiamenti che riguardano anche la condizione femminile, con la nuova coscienza e consapevolezza delle donne.
Tutte desiderano una vita diversa da quella vissuta dalle loro madri.
E noi ci muoviamo nel loro mondo e ne conosciamo i sentimenti, le speranze, le delusioni così come avviene in altri libri della scrittrice irlandese molto brava nel delineare figure femminili in tutte le loro sfaccettature

UNA VITA DIVERSA  è di Chaterine Dunne

 

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AL DI LA' DEL PONTE

Mavis Gallant è soprattutto scrittrice di racconti, è nata a Montreal, vive a Parigi e scrive in inglese.
La prefazione del libro è scritta dalla stessa autrice e così abbiamo la possibilità di conoscerla subito: per lei scrivere è un bisogno naturale e indispensabile.
'Scrivo o penso cose da scrivere da quando ero bambina. Inventavo filastrocche e storie quando non riuscivo ad addormentarmi oppure al mattino, quando mi dicevano che era troppo presto per alzarsi, e inventavo dialoghi per una colonia di bambole di carta '.

Così a trent 'anni abbandona il lavoro sicuro di giornalista e decide che o sarebbe riuscita a vivere della scrittura o avrebbe bruciato tutto ciò che aveva prodotto fino a quel momento.

Il volume contiene quattro racconti.

'La moglie mussulmana ', storia di Jack e Netta che gestiscono un albergo sulla Costa Azzurra, i due si conoscono fin dall'infanzia.
Con lo scoppiare della seconda guerra mondiale Jack parte e va in America e Netta manda avanti, da sola, l'albergo occupato prima da soldati italiani e poi dai tedeschi.
I due si ricongiungono alla fine della guerra e Netta si pone domande riguardo alla sua libertà.
Ha saputo gestire la sua vita, da sola, tra infinite difficoltà, potrebbe continuare così...
Alla fine si arrende:' Che posso fare, domandò Netta ai suoi fantasmi, se non lasciare che mi tenga il braccio, che i miei passi siano guidati?.'

'Al di là del ponte ' ha come protagonista Sylvie, giovane donna che dovrebbe sposarsi con Arnaud, il matrimonio renderebbe molto felici i suoi genitori e lei è da sempre abituata a compiacerli in tutto, ma a pochi giorni dalle nozze decide di rompere il fidanzamento per un nuovo amore conosciuto durante una passeggiata ai giardini.
Nel terzo racconto : 'La remissione ' una famiglia inglese si trasferisce in Costa Azzurra, dove il capofamiglia intende trascorrere i suoi ultimi giorni.

'L'estate di uno scapolo ' è l'ultimo dei quattro racconti: un quarantacinquenne inglese vive presso la casa di due zitelle sue connazionali e vede la sua esistenza abitudinaria stravolta dal passaggio della rumorosa famiglia della sorella.
I personaggi dei racconti sono descritti dall'autrice in momenti di 'passaggio' della loro vita, importanti e fondamentali per il corso stesso della loro vita, in momenti in cui fanno scelte decisive che porteranno a grossi cambiamenti, a rotture con persone e luoghi.
Per tutti 'il ponte ', da cui il titolo del libro, rappresenta il compimento del passaggio.


AL DI LA' DEL PONTE  è di Mavis Gallant

 

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LA VISITATRICE

La scrittrice irlandese Maeve Brennan è  nata a Dublino nel 1917, si è trasferita durante l’adolescenza in America, a Washington, per seguire il padre, ambasciatore della repubblica irlandese.
Muore nel 1993 e molti suoi lavori vengono pubblicati solo dopo la sua morte.
Nel 1997 viene trovato, tra le carte dell’archivio della Casa Editrice newyorkese Sheed & Ward , un breve romanzo inedito, scritto intorno alla metà degli anni quaranta.
Il romanzo nel 2000 viene pubblicato negli Stati Uniti, poi in Inghilterra e successivamente arriva in Italia : La Visitatrice è un romanzo breve che contribuisce a farci conoscere ed apprezzare questa autrice pressoché sconosciuta e dimenticata nonostante la pubblicazione di due raccolte di racconti, accolti molto positivamente dalla critica al momento della loro uscita.

La giovane Anastasia, dopo la morte della madre, a vent'anni, lascia Parigi in cui è vissuta e decide di recarsi a Dublino dove vive la vecchia nonna e dove lei aveva trascorso l'infanzia.
Dopo anni passati vicino alla madre depressa,  il suo desiderio è di trovare un ambiente famigliare accogliente in cui ricominciare a vivere.
La descrizione che la scrittrice fa della casa della nonna ci fa capire  l'atmosfera opprimente che Anastasia si trova a respirare, subito,   fin dal suo arrivo.
'... con pesanti gradini di pietra  che conducono alla porta d'ingresso; piena di stanze buie, fredde, percorse da gelidi spifferi, la casa assumeva un'aria introversa, un aspetto severo e indifferente '
Le stanze appesantite da arredi cupi sono abitate solo dalla governante e dalla vecchia nonna, completamente chiusa nel dolore per la perdita del suo unico figlio, il padre di Anastasia, abbandonato dalla moglie e dalla stessa figlia che ai suoi occhi è vista come colpevole di aver lasciato solo il padre che l’aveva inutilmente pregata di restargli accanto.
Inutili sono i tentativi di Anastasia di farsi accettare, di non essere considerata solo una 'visitatrice'di passaggio, ma una di famiglia,  desiderosa di affetto e di calore.
Cerca in ogni gesto della nonna un riconoscimento, ma tutti i suoi tentativi di farsi accettare e amare sono inutili: per la nonna lei è e rimane solo un'ospite, per lei sarà solo una visitatrice di passaggio.
Leggiamo pagine in cui il turbamento emotivo di Anastasia per il costante e continuo rifiuto della nonna è molto forte e ne respiriamo la sofferenza fino al momento in cui la giovane donna,  dopo l'ennesimo rifiuto,  decide di buttarsi tutto alle spalle e di lasciare quella casa che non può e non potrà mai essere anche la sua casa.
Prima di lasciare quei luoghi a piedi nudi, davanti alla finestra della nonna la sentiamo cantare una canzone :

''C'è una terra felice molto lontano da qui dove mangiano pernice tre volte al dì. Oh, che terra felice è mai quella…'.

La riconciliazione tra passato e presente non è possibile
e Anastasia se ne andrà.
Non le è stato concesso, nonostante tutti i suoi tentativi, essere altro che una 'visitatrice '.


LA VISITATRICE è di  Maeve Brennan

 

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IL SEGRETO

CLARICE LISPECTOR è nata in Ucraina nel 1925 da una famiglia ebrea.

All'età di due anni, la famiglia si trasferisce in Brasile dove vive fino a che, sposato un diplomatico brasiliano, passa 15 anni della sua vita in Europa e negli Stati Uniti.
Ritorna in Brasile alla fine degli anni ’50, con i suoi due figli nati all’estero.
Nell'autunno del 1977, muore.
E' stata definita la maggiore scrittrice brasiliana di questo secolo

Scrive il primo romanzo a vent'anni.

Per lei la scrittura è passione e vocazione: "Da quando avevo sette anni mi sono addestrata per avere un giorno la lingua in mio potere.
E, nonostante ciò, ogni volta che vado a scrivere, è come se fosse la prima volta.
Ogni libro è un esordio sofferto e felice.
Questa capacità di rinnovarmi completamente via via che il tempo passa è ciò che chiamo vivere e scrivere"

A chi le chiedeva: "Perché scrivi?" Clarice rispondeva: "Perché bevi?".E ancora:
"Scrivo quando sono posseduta, al punto che l'atto creativo dimora in me come qualcosa di assolutamente estraneo, misterioso".


La prima edizione originale del romanzo è del 1946, in Italia arriva molto più tardi ed io l'ho conosciuto da poco.
Per definire il proprio stile, l'autrice scrive: "... io sono testarda e ho perseverato per tutta la vita nella stessa direzione: sopprimere i fatti e privilegiare le sensazioni".
E questo è sicuramente un romanzo di sensazioni e di sentimenti.
La protagonista è Virginia, che conosciamo bambina e che incontriamo subito a Granja Quieta, la fattoria paterna che si trova nella grande prateria e nell'immenso spazio brasiliano.
Con lei il fratello Daniel, i due sono uniti da segreti che li legano: hanno anche fondato la Società segreta delle Ombre.

Tutto il romanzo è pieno di segreti che si tengono gelosamente nascosti o che a poco a poco si svelano.
Ed è l'anima di una donna , nei suoi aspetti più nascosti, più velati che man mano conosciamo, nella sua difficoltà a vivere e nel suo continuo non sentirsi mai all'altezza delle situazioni che si trova a dover affrontare.
Seguiamo così la crescita interiore di questa donna che va incontro al suo destino.
L' autrice scrive: " l'unica, vera libertà consiste nel seguire il proprio destino. .... Penso e so che vado incontro a ciò che esiste dentro di me, e vado a questo incontro nuda e scalza e a mani vuote".
E così si muove Virginia 'nuda e scalza ' mostrandosi completamente nella sua tensione costante ad ascoltare il ' vibrare ' della vita dentro di lei: la sua attenzione è focalizzata all'interno, dentro di se e per ascoltare serve il silenzio.

"... Virginia ricordò il pomeriggio con Vicente; la felicità era così violenta e come la sconvolgeva; quegli orribili istanti l’avevano fatta uscire da se stessa, estranea, bizzarra e dislocata nel suo intimo... No, lei non desiderava la felicità, davanti a se stessa lei era debole, debole, alterata, affaticata; scoprì rapidamente che l’esaltazione la stancava, che preferiva rimanere nascosta in se stessa senza tremare, senza salire".
Sono i segreti che le permettono di uscire dalle sue debolezze ridandole sicurezza e forza.
Il segreto non è sicuramente un romanzo facile, ma cattura completamente il lettore portandolo nel mondo interiore di Virginia e accompagnandola fino alla morte tragica a cui si sente predestinata.

'Come oso vivere ' è il pensiero che accompagna Virginia che scopre la sua anima e ce la mostra rendendoci partecipi fino in fondo della sua struggente difficoltà a vivere.

IL SEGRETO è di Clarice Lispector

 

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LA VITA SEGRETA DELLE API

Da parecchio tempo non mi succedeva di interrompere, volutamente, a più riprese, la lettura di un libro, per non finirlo ed essere costretta ad uscire, all'improvviso, da una situazione molto piacevole e coinvolgente.
Il luogo: Carolina del sud, una grande casa rosa nella campagna assolata di una estate degli anni 60 nel pieno dei conflitti razziali.
La casa è abitata da tre sorelle di colore: August, la più anziana, June e May, le cui vite sono scandite regolarmente dai ritmi delle api, dai loro bisogni, dalla loro cura quotidiana e dal loro ronzio.
Le sorelle sono apicultrici:sono le donne che fanno il miele della Madonna Nera la cui immagine compare sui barattoli di vetro che vendono insieme ad altri prodotti.
E' Lily la protagonista, una ragazzina di quattordici anni, orfana di madre, che ci accompagna in questa piccola comunità di donne in un' estate piena di ronzii di api e resa appiccicosa dall'afa e dal miele.
La madre di Lily è morta tragicamente quando lei aveva 4 anni e da allora è sempre vissuta con il padre, uomo molto rude e prepotente, e con Rosaleen, una giovane ragazza di colore.
E' la madre che Lily cerca nei pochi ricordi che le restano di lei, negli oggetti sparsi per casa, perseguitata dal senso di colpa lacerante di essere stata lei la causa della sua morte.
Pochi i ricordi di allora che arrivano durante le notti insonni: i due genitori che litigano, lei nascosta, una pistola a terra.
Poi lo sparo e la sua vita cambiata all'improvviso.
Insieme a Rosaleen, unica figura positiva che le è sempre stata accanto in quegli anni, Lily vivrà l'esperienza più coinvolgente ed emozionante della sua vita.
Costrette alla fuga per motivi diversi, insieme, lasciano la piccola cittadina in cui sono sempre vissute e partono senza una meta precisa, apparentemente.
Nella tasca di Lily solo un 'etichetta con l'immagine della Madonna nera trovata tra gli oggetti appartenenti a sua madre e dietro il nome di un luogo:Tiburon, nella Carolina del Sud.
Qui le due ragazze arrivano sfinite e trovano la casa rosa abitata dalle tre sorelle che le accolgono e si prendono cura di loro: un piccolo mondo accogliente dove il tempo è scandito dalla magia della natura.
August, la donna delle api è la sorella più anziana e appare per prima, in lontananza, a Lily:
'... La donna si spostava lungo una fila di cassette bianche che costeggiavano il bosco vicino alla casa rosa... alta, vestita di bianco, portava un casco coloniale con veli che le coprivano il viso... sembrava una sposa africana '.
E' lei che accoglie le due giovani e le invita a restare con loro.
Qui, per lei il contatto con un mondo nuovo in cui la serenità è di casa, qui può ascoltarsi e tentare, per la prima volta, di dare voce alle sue paure perchè c'è chi le può accogliere e contenere.
E noi possiamo seguire così la storia di una meravigliosa formazione interiore e siamo partecipi di ogni emozione nuova e violenta attraverso cui Lily riuscirà a liberarsi dalle catene del passato e della colpa.

Ci sentiamo avvolti dal ronzio delle api che diventa il motivo conduttore del libro e sentiamo il profumo dolce e appiccicoso del miele dorato che è diventato anche il profumo avvolgente delle donne che vivono insieme e aiutano Lily nel suo difficile percorso di crescita.



LA VITA SEGRETA DELLE API è di
SUE MONK KIDD

 

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LA TREDICESIMA STORIA

La Tredicesima storia è il primo romanzo di Diane Setterfield e mi ha catturato completamente facendomi entrare, pagina dopo pagina, nella vita di due donne molto diverse tra loro, ma straordinariamente unite da un segreto che le avvicina.

E' nel racconto della storia personale, contorta e complicata, di una di loro, che viene riconosciuto e portato alla luce, il dolore segreto dell'altra.

Margaret Lea lavora con il padre nella libreria antiquaria di famiglia: una vita, la sua, tranquilla , tra i volumi raccolti pazientemente negli anni

"... Conosco il negozio come si conoscono i luoghi dell'infanzia... i clienti sono brave persone , tranquille e garbate come gli stessi libri.

Ma il più delle volte siamo solo io, papà e i libri. Il negozio è la mia casa e il mio lavoro... la mia vita...

Non sono una biografa vera e propria , è per il mio piacere personale che ho scritto brevi studi bibliografici.

Il mio interesse è stato scrivere biografie di chi ha gareggiato senza classificarsi, persone che hanno vissuto all'ombra del successo... mi piace dissotterrare vite sepolte per un secolo e più in diari mai aperti o negli scaffali di un archivio... ho un esiguo numero di pubblicazioni al mio attivo, qualche saggio...".

E' proprio grazie alla pubblicazione dei suoi saggi che una scrittrice affermata:Vida Winter, decide di farne la propria biografa , contattandola con una lettera enigmatica che cattura la curiosità di Margaret.

"L'ora è giunta. Venga lunedì con il treno delle quattro e mezzo".

Il loro sarà l'incontro di due anime tormentate che, a vicenda, arriveranno a verità, prima di allora, inconfessate anche a se stesse.

Margaret aiuterà Vida a scrivere la sua Tredicesima storia  e la scrittrice aiuterà la giovane donna a incontrarsi con il proprio dolore inconfessato per anni.

E' sicuramente una grossa storia avvincente che mi ha coinvolto fino alla fine perchè è proprio alla fine che ci incontriamo con la verità: verità che una volta svelata riappacifica gli animi,ma per arrivare a questo il cammino da seguire parte dal passato, un passato fatto di ricordi pesanti,dolorosi, trame segrete difficili da svelare, tragedie e scomparse.

Sullo sfondo il verde cupo e la  nebbia dello Yorkshire dove si apre la porta di un’antica residenza .

LA TREDICESIMA STORIA è di  Diane Setterfield

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VARIAZIONI SELVAGGE

" No, nessuna nostalgia dell'infanzia. In tutti questi anni non ho mai vagheggiato un paradiso perduto, ma un paradiso da trovare: altrove, in attesa. Un paradiso già dentro di me, sepolto ".

Inizia così Variazioni selvagge di Hélène Grimaud, giovane e affermata pianista francese che ci regala oltre alla sua musica, la sua storia.

A vent'anni, nel pieno del successo, lascia la Francia in cui è sempre vissuta, e si trasferisce a New York ,  territorio sconosciuto, che, per uno strano gioco di incontri, diventa il luogo dove le è possibile trovare, finalmente, se stessa e riunirsi a quella parte di se più autentica ed istintiva.

Una storia di vita, la sua, molto particolare e chi di noi ha letto ed amato " Donne che corrono coi lupi "di Clarissa Pinkola  Estes, prova , tra queste pagine, la sensazione che ' il ritorno a casa ' per chi è in cammino, è davvero possibile.

Hélène vive in America per tre lunghi anni e qui trova il "... paradiso sepolto dentro di se".

Nel suo caso,  i lupi di Pinkola Estes,  non sono solo rappresentativi della realtà istintuale , ma sono lupi reali per i quali decide di aprire un centro di raccolta, tutela e difesa.

Dopo questi tre anni vissuti nella natura , coi lupi, Hélène decide di ritornare in Francia e di riprendere , più viva e completa di prima, i suoi concerti .

Di lei ho tracciato un profilo nello spazio

Tra donne

http://www.albumdiadele.it/cammino/grimaud.htm,

VARIAZIONI SELVAGGE è di Hélène Grimaud

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UN GIORNO DI GLORIA PER MISS PETTIGREW

Un piccolo libro molto piacevole da leggere.

Tutto si svolge in una giornata: miss Pettigrew entra nella casa di miss La Fosse vestita con un vecchio cappotto, quasi logoro, di un indefinito colore marrone, un po' piegata su se stessa per le preoccupazioni di una vita, la sua, che se non troverà un lavoro, prenderà una svolta drammatica.
Solitudine, mancanza di una casa, grosse difficoltà economiche.
Miss Pettigrew non è più giovane e questo aggrava la sua situazione.
E' piena di paure quando, tremando, decide di suonare il campanello di quella casa signorile, l'indirizzo l'ha avuto da un' agenzia di collocamento.
Quando quella porta verrà aperta da una giovane donna bionda dagli occhi azzurri luminosi, miss Pettigrew farà il suo ingresso in un mondo completamente nuovo e diverso dal suo.
Un mondo in cui molti aspetti di sé, prima d'ora sconosciuti, cominceranno a farsi strada lasciando lei stessa stupita e piacevolmente sorpresa.
Una nuova vita per sé è possibile e lei si lascia andare, a poco a poco, catturata dalle sue infinite possibiltà .

Winifred Watson è l'autrice di questo libro che uscì per la prima volta nel 1938 con grande successo di pubblico e di critica.
Nel 2000 viene ripubblicato da una sofisticata casa editrice inglese e di nuovo ha avuto lo stesso successo di pubblico e critica .
E' un libro che coinvolge e cattura il lettore proprio perchè, come si può leggere nella quarta di copertina che riporta una recensione apparsa su "The Times":

'... è un elogio alle opportunità che la vita a volte stranamente riserva.
Leggendolo si finisce col credere davvero che tutto sia possibile.'

UN GIORNO DI GLORIA PER MISS PETTIGREW è di Winifred Watson

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MALAMORE

Ho appena finito di leggere questo libro, lo chiudo e l'immagine che ho davanti   è quella di Pilar, protagonista del film "TI DO I MIEI OCCHI".
Concita De Gregorio ne parla, scrivendo che da questo film '... non se ne esce uguali... è la prima volta, qui , che si illustra con immagini così poeticamente, drammaticamente e limpidamente, quale sia il legame viscerale e la ragione inspiegabile che unisce la vittima al suo aguzzino...'
L'immagine che mi ritorna in mente di questo film che ho visto parecchio tempo fa è quella di Pilar al mattino presto, truccata e vestita per andare ad un colloquio di lavoro a cui tiene tantissimo.
Antonio, il marito, le sbarra la strada, comincia a prenderla in giro e minacciandola le strappa i vestiti di dosso lasciandola completamente nuda.
La chiude, fuori, sul balcone. Quando le apre, Pilar entra in casa terrorizzata, tremante e si fa la pipì addosso. Il suo sguardo, quegli occhi, ti entrano dentro, in profondità ed hai la sensazione che in quel preciso momento, lei, per la prima volta veda se stessa ed il marito. Ma per quanto tempo il terrore, la paura, la violenza sono state compagne delle sue giornate passate con il marito?
La storia di Pilar è una delle tante storie di donne raccolte dall'autrice che: '... sono scie luminose, stelle cadenti che illuminano a volte molto da lontano, una grande domanda: cosa ci induce a non respingere, anzi a convivere con la violenza? Perchè sopporta chi sopporta? e come fa?... alcune donne raccontano, molte muoiono...'

Sì, molte muoiono. Prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra, ad uccidere le donne nel mondo , o a causarne l'invalidità permanente è la violenza subita dall'uomo.
Partner, marito, fidanzato o padre che sia. Secondo alcuni dati forniti dal Consiglio d' Europa è la violenza familiare, in Europa e nel mondo, la prima causa di morte per le donne tra i 16 e 44 anni.
In Russia in un anno sono morte tredicimila donne, il 75% uccise dal marito. Ogni quattro minuti una donna viene violentata in America e in Svezia. In Francia una donna muore ogni quattro giorni. In Spagna nel 2004 72 donne sono state uccise dal loro partner.

'... Alcune ce la fanno, qualche altra trova nell' accettazione del male , le risorse per dire, per fare quel che altrimenti non avrebbe potuto. Grandissimi talenti sono sbocciati da uno sfregio. Altrettanto grandi sono stati spenti. Per mille che non hanno nome una cambia il corso della storia. Sono alla fine gesti ordinari. Chiunque può capirlo misurandolo su di se. Sono esercizi di resistenza al dolore'

Seguire le scie dolorose e luminose ci aiuterà a capire: '...da dove cominciare a rispondere alla domanda : come mai è ancora possibile sopportare tutto questo?Cosa inchioda ancora le donne al dovere o al desiderio di sopportare ? Cosa passa dalla mente e dal cuore delle donne che portano, per tutti, il peso della violenza?'

Concita De Gregorio delinea storie di donne con una loro vita artistica ben definita : Dora Maar è pittrice ed è stata la compagna di Picasso per molti anni, Lee Miller è fotografa , Artemisia Gentileschi è pittrice, Louse Bourgeois è scultrice, Sophie Calle è fotografa

 E storie di donne qualunque.

Una sola di queste storie di violenza conduce alla morte: l'omicidio di Marie Trintignan per mano del suo compagno.

Entrare in queste storie, facendole nostre, ci aiuta a capire che :

' Malamore è l'amore cattivo che tu credi di governare ed invece ti uccide...Il malamore è gramigna , cresce nei vasi dei nostri balconi. Sradicarlo costa più che tenerselo. Dargli acqua ogni giorno, alzare l'asticella della resistenza al dolore è una folle tentazione che può costare la vita.'

 

 

MALAMORE è di Concita De Gregorio

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La figlia perfetta

Siamo a Baltimora.

Per chi conosce e ama Anne Tyler questa è la costante in tutti i suoi libri e, molto probabilmente, è per questo motivo che ogni volta che inizio un suo romanzo mi sembra sempre di tornare a casa, in un luogo che ormai conosco bene e mi è familiare.

Ci troviamo all'aeroporto di Baltimora, è sera,nella sala d'aspetto ci sono due nuclei famigliari in attesa, c'è tensione ed emozione, stanno aspettando l'arrivo dalla Corea delle figlie adottive.

Sono la famiglia dei Donaldson, Brad e Bitsy e dei Yazdan, Ziba e Samy, una è americana e l'altra di origine iraniana e americana di prima generazione.
Entrambe appartengono al ceto medio benestante e colto.
Jin-ho è la bambina che i Donaldson stanno aspettando e Suki quella dei Yadzan.
A differenza dei loro genitori per loro è molto più facile stringere amicizie ed entrare in sintonia con le altre persone, tutto è più semplice e immediato e dopo questo loro primo incontro all'aeroporto le due famiglie decidono da subito di incontrasi presto, tra loro, per uno scambio di impressioni che potrà servire ad entrambe.

Brad e Bitsy sono ambientalisti, Bitsy insegna yoga ed è vegetariana, scrive poesie, è un'alternativa ed ha un atteggiamento molto aperto.
Tutti e due desiderano che la loro figlia cresca conoscendo le tradizione della propria terra d'origine e mantenga il proprio nome coreano.

Viba e Samy cambiano immediatamente il nome della bimba in Susan, per loro, che all'inizio hanno avuto problemi di integrazione, è importante che la figlia non abbia fin da subito alcuna difficoltà.
Samy ha una madre molto presente in famiglia, Maryam, che continua, nonostante sia in America da molto tempo, ad avvertire una sensazione di non appartenenza, lei è, e sempre sarà, iraniana e sono le tradizioni iraniane che lei rispetta e sempre rispetterà.

Le due famiglie inizieranno a frequentarsi sempre più spesso diventando molto amiche.
Per entrambe è davvero molto importante che le figlie abbiano la possibilità di frequentarsi e di stare molto tempo insieme.

La Tyler è veramente molto brava nel descrivere tutte le dinamiche diverse interne alle due famiglie riuscendo a cogliere con delicatezza e, in certi momenti, con sottile umorismo, le contraddizioni che le muovono, ma anche i legami di affetto e amore profondo e sincero che col tempo si instaurano tra le persone .

E' possibile, se davvero ci teniamo, cercare le cose che uniscono le persone pur nelle loro tante diversità, se lo si vuole, se lo si ritiene importante, ed è sicuramente importante per poter camminare insieme.
E ancora una volta chiudo il libro con la solita sensazione di aver conosciuto in profondità persone diverse tra loro i cui ritratti sono stati tracciati con la leggerezza e l' intensità di cui una scrittrice attenta e sensibile come Anne Tyler è capace.

Il viaggio verso casa

Il viaggio verso casa che ci racconta Catherine Dunne è quello di Beth, una giovane donna che vive e lavora a Londra, è separata da alcuni anni ed ha una figlia adolescente, Laura, che vive con lei.
Beth riceve una telefonata dal fratello James :' la mamma è gravemente malata'.
Questa notizia la destabilizza completamente e Beth reagisce all'onda emotiva che la sovrasta cercando pretesti nel suo mondo concreto, lavorativo e familiare.

Ha tante cose da organizzare prima della partenza, tanti appuntamenti da disdire, la figlia ha bisogno di lei, è solo una ragazzina, non può mollare tutto e partire, ha bisogno di tempo.
Beth è schiacciata dalla paura della realtà che dovrà affrontare e cerca di allontanare da se quel momento fin che può, ma ora è lì con la valigia preparata in fretta ed il suo viaggio verso Dublino, dove c'è la casa di famiglia, incomincia, e sarà un viaggio doloroso e intenso.
Lei aveva lasciato la casa dei suoi da giovanissima ed aveva trovato un lavoro a Londra, desiderava vivere autonomamente ed affrancarsi dal rapporto con una madre, molto forte, che, secondo lei, tendeva a soffocarla.
Non era stata una scelta facile, e la brusca interruzione del rapporto con la madre aveva aperto numerose ferite che il tempo non riusciva a rimarginare.

Ora è tornata nella sua vecchia casa e si trova di fronte alle sue paure, vecchie e nuove, mai confessate nemmeno a se stessa.
Il panico totale.
Non si sente in grado di affrontare questa nuova e difficile situazione, ne è incapace,sente che mai troverà la forza di superare questa difficoltà. Poi il fratello le viene in aiuto e l'accompagna nella camera della madre
‘…la camera da letto era immersa nel buio, satura di un caldo secco e intenso…la prima reazione di Beth fu di sorpresa. Quella non era sua madre '.

Vorrebbe fuggire da quella stanza, da quella casa, poi lentamente ritorna vicino al letto e prende tra le sue la mano magra e sottile della madre ormai priva di conoscenza.
L'accarezza e la stringe ed in questo momento il suo viaggio verso casa, verso la sua casa interiore ha inizio.

E' il viaggio dentro se stessa nel tentativo di ritessere le trame di rapporti interrotti, con la madre e con il fratello, per ricucire vecchie ferite mai rimarginate e per riscoprire parti di se ancora sconosciute.
Beth attraverso questo viaggio arriverà ad una nuova consapevolezza di se accolta dalla sua vecchia casa che comincerà a sentire calda e sicura, una casa che resterà nel tempo la custode dei ricordi e degli affetti suoi e del fratello James, in cui trovare sempre riparo e sicurezza.

Questo è un libro che rimane addosso, una volta chiuso, continua il suo cammino dentro di noi.
Perché il rapporto con la madre, la malattia in vecchiaia della madre, la vecchiaia stessa, la trasformazione della vita che vediamo nelle persone che ci sono vicine e in noi, riguarda tutti.
Chi è stato già coinvolto in situazioni personali e come Beth ha accompagnato, anche se per un breve periodo, la propria madre, chi non è riuscito ad accompagnarla perché il rapporto si è interrotto improvvisamente , chi la sta accompagnando e vive quotidianamente dentro se sensazioni e sentimenti forti e contrastanti che mutano anche nell'arco della giornata, perché è normale che sia così, si riconoscerà in queste pagine.

Riguarda e tocca temi molto coinvolgenti emotivamente ed è per questo che, una volta chiuso il libro, noi iniziamo o continuiamo il nostro personale viaggio verso casa.
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Ragazza in un giardino

Lascio a malincuore la famiglia degli Emerson, chiudo il libro e il portone della vecchia casa.
Mi lascio alle spalle le vite di uomini e donne che ho conosciuto ed imparato ad amare con le loro stranezze e fragilità, i loro sogni vissuti o lasciati nel cassetto per tempi migliori, le paure e i ricordi dolorosi che li hanno divisi e, poi, nel tempo, riuniti.

Lei, Pamela Emerson, la madre sempre elegante, con il filo di perle sul completo color pastello, anche per fare colazione al mattino, guarda i figli e i nipoti sparsi per la stanza, mentre Elisabeth è in cucina che allatta la figlia senza dimenticarsi di controllare l'arrosto nel forno e le patate sul fuoco per la cena che li vedrà tutti intorno al tavolo.

Elisabeth non apparteneva alla famiglia, all'inizio, da giovane aveva lasciato la propria, il padre, rigoroso pastore battista, la madre, sempre attiva nel prendersi cura degli altri e la sorella più giovane appena sposata, per cercare, altrove, lontano da quell'ambiente conformista che le stava troppo stretto, un lavoretto con cui mantenersi agli studi.
Capitata per caso davanti alla vecchia casa in un quartiere residenziale di Baltimora, diventa "‘l'uomo tuttofare" che si prenderà cura dell'enorme casa bisognosa di interventi di manutenzione sia all'interno che all'esterno, nel giardino che la circonda.

La signora Emerson, da quando è rimasta vedova vive sola e si muove nelle stanze silenziose piene di orologi che il marito amava collezionare.
I suoi sette figli sono sparsi in città diverse, raramente vengono a farle visita, e, quando questo succede, lei li accoglie sulla porta di casa, vestita di colori pastello “tendendo loro le mani, lisce, bianche, le unghie smaltate con cura, vede che sono sollevati e vagamente delusi perché è sopravvissuta al loro abbandono, perché tutto sommato non è una vecchietta affranta…loro vivono di crisi.
Quelli sono gli unici momenti in cui sono felici. No, anzi, non sono mai felici. Vivono vite così complicate che lei non riesce più a seguirli.

A poco a poco, con i suoi modi diretti, la sua sincerità, gli atteggiamenti spesso bruschi dettati dal desiderio di poter essere sempre se stessa senza condizionamenti esterni, Elisabeth diventa indispensabile alla famiglia ed alla casa, lì si sente in pace, ha un ruolo preciso in cui si riconosce.
Tutto procede fino alla rottura del rapporto con la famiglia che la ospita, rottura determinata da un evento tragico che la vede coinvolta direttamente, ma solo temporaneamente, il tempo necessario per ricucire la ferita lasciata aperta.
Poi li ritroviamo di nuovo insieme, nel salotto di casa pieno di presenze, vecchie e nuove ed Elisabeth è sempre lì che si muove tra di loro.

Ho scelto questo romanzo di Anne Tyler per l'estate e mai scelta fu più azzeccata, amo questa scrittrice ed il suo modo leggero di tratteggiare i personaggi e di farci entrare nelle loro vite, con umorismo e sentimento e mi ha molto aiutata a superare giornate di calura esagerata in città.
Ancora una volta la sua capacità di sondare nel profondo l'animo umano cogliendo ogni piccola sfumatura mi ha piacevolmente coinvolto, permettendo di ritagliarmi momenti molto piacevoli.

Tempo fa mi è capitato di leggere un'intervista fatta allo scrittore inglese Nick Hornby che parlando di un romanzo di Anne Tyler scrive: “… Questo libro mi ha cambiato la vita: non sapevo che i romanzi potessero essere così caldi, saggi e accattivanti finché non l'ho letto. E da allora cerco, senza riuscirci, di scuotermi di dosso Anne Tyler
E' vero, così sono anche per me i romanzi di questa scrittrice che seguo da anni e che sempre riesce a trasmettermi una profonda sensazione di appartenenza al suo mondo così ben descritto.

Ragazza in un giardino è di Anne Tyler

Un angelo alla mia tavola

E' la bellissima autobiografia, divisa in tre volumi, della scrittrice neozelandese, Janet Frame, che noi troviamo racchiusa in un unico volume, e che ci porta a conoscere la vita, intensa e piena di emozioni, a volte laceranti per la loro forza, di una donna che, grazie alla scrittura, è riuscita a salvarsi.

Nel libro Janet ci accompagna nella sua infanzia e ci fa conoscere la sua terra verdissima e la famiglia dove lei è, fin da subito, bambina diversa, solitaria e introversa che tende ad isolarsi, trovando grande conforto solo nella lettura e nella scrittura.
Diventa ragazzina studiosa e brava insegnante fino a che la sua vita si interrompe. Per dieci anni della sua vita si è trovata rinchiusa in ospedale psichiatrico con una diagnosi di schizofrenia.

Entriamo con lei nell'inferno: ”mi trovai ad assumere la parte a cui più ero abituata, quella della persona passiva la cui vita viene pianificata per lei mentre lei, per paura di essere punita o di suscitare reazioni, non osa rifiutare”.
Janet riesce a salvarsi, dalla lobotomia, che all'epoca veniva spesso usata, proprio grazie alla sua grande passione, la passione di tutta la sua vita: la scrittura. Un suo racconto vince un concorso letterario, molto importante, ed un medico intelligente modifica la diagnosi fatta in precedenza.

Janet può lasciare l'ospedale. La libertà.

Con lei conosciamo luoghi meravigliosi, pieni di sole e di vita: il suo periodo di mezzo, vissuto viaggiando in terre diverse. Fino a che Janet sente di aver finalmente trovato ‘la sua casa'. Il ritorno nella terra amata, dopo anni di lontananza ci riporta nella Nova Zelanda che diventa il luogo dove continuerà a scrivere fino alla fine dei suoi giorni.

Considerata la più grande narratrice neozelandese dopo Katherine Mansfield, Janet Frame ha scritto undici romanzi, cinque raccolte di racconti, poesie e diversi libri per bambini.

In Italia sono usciti i seguenti libri della scrittrici: Un angelo alla mia tavola. Autobiografia (trad. di Lidia Conetti Zazo, Einaudi, 1999), la celebre autobiografia in tre parti dalla quale Jane Campion ha tratto l'omonimo film; La laguna e altre storie (trad. di Antonella Sarti, Fazi, 1998); Gridano i gufi (trad. di Laura Noulian, Guanda, 1994); Giardini profumati per i ciechi (trad. di Monica Pavani, Guanda, 1997); Cuor di formica (trad. di Marina Baruffaldi, Mondadori ragazzi, 2001).

Ho tracciato il profilo completo di questa grande donna e scrittrice nella pagina del mio sito "Tra donne".

Testo non presente in IBS

Distruzione del padre Ricostruzione del padre

Scritti e interviste 1923-2000

Questo libro riunisce la maggior parte degli scritti di Louise Bourgeois sulla propria vita e sul proprio lavoro. L'artista nata a Parigi nel 1911 è quasi centenaria. Ha sempre accompagnato le sue sculture e tutta la sua produzione artistica con la scrittura.
Gli scritti, raccolti in questo volume , iniziano nel 1923, quando Louise Bourgeois comincia a tenere un suo diario personale, dove segna i pensieri, gli appuntamenti, i fatti quotidiani, lo farà per tutto il corso della sua lunga vita.
Il volume contiene inoltre una selezione di interviste e colloqui, recensioni e discorsi degli ultimi vent'anni.

La distruzione del padre è il titolo di un opera di Louise Bourgeois del 1974. Un´opera che lei stessa definisce «molto cruenta», un gesto di "rivolta" contro chi ama di più. Vi campeggiano il tavolo da pranzo e il letto. Il letto dove si è nati, dove si muore. E il tavolo dove i genitori tormentano i figli perché mangino. Finché i figli si arrabbiano, prendono il padre, lo stendono sulla tavola, lo spezzano, lo smembrano, lo divorano.

Mentre Ricostruzione del padre non è un'altra opera di Louise, ma è stata sicuramente la tensione personale di tutta la sua arte e di tutto il suo impegno artistico.
Tutto il mio lavoro degli ultimi cinquant'anni, tutti miei soggetti hanno tratto ispirazione dalla mia infanzia. La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il suo mistero e non ha mai perso il suo dramma “.

E' nell'infanzia che Louise individua i traumi che l'hanno segnata ed è proprio per esorcizzarli che lavorerà incessantemente per tutta la sua vita.
Qualcuno di noi è ossessionato a tal punto dal passato che ne muore. È l'atteggiamento del poeta che non trova mai il paradiso perduto, ed è proprio la situazione degli artisti che lavorano per una ragione che nessuno capisce fino in fondo. ...

La distruzione e ricostruzione del padre è per lei vitale per liberarsi dal proprio trauma.
Ogni giorno bisogna abbandonare il proprio passato. E accettarlo. E se non si riesce ad accettarlo, allora bisogna fare lo scultore! In qualche modo bisogna provvedere. Se rifiutate di abbandonare il vostro passato allora dovete ricrearlo. È ciò che faccio da sempre.”

Ho tracciato il profilo completo di questa grande artista nella pagina del mio sito "Tra donne"

Nemico, Amico, Amante

Non ho mai letto libri di racconti perché mi piace immergermi completamente in una storia ed il romanzo risponde alla mia voglia di conoscere lentamente, pagina dopo pagina , i personaggi, i luoghi, le atmosfere, di restare con la mente nella storia per giorni, di interrompere, volutamente la lettura, quando sono molto coinvolta, per prolungarla.
Così non avevo mai letto nulla di Alice Munro, notoriamente scrittrice di racconti. Anche le insistenze di un amica che me ne parlava molto bene, non erano riuscite a convincermi.

Poi ho deciso di provare: Nemico, Amico, Amante, è il primo libro che ho letto della Munro e credo proprio che ora mi rifarò del tempo perduto, perché sono stata piacevolmente sorpresa e coinvolta dalle sue ‘piccole' storie di donne, famiglie, coppie che si muovono nei paesaggi a lei cari del Canada, la natura selvaggia del Nord Ovest in cui lei è nata, vissuta e continua a vivere.

Protagoniste di tutti i racconti sono donne, gli uomini sono parte delle loro vite, splendide donne, forti e fragili insieme, giovani e vecchie, insicure, piene di certezze, piene di amore o senza amore, sane o ammalate, madri, zie, amanti, mogli, sorelle che si muovono nella quotidianità dei loro rapporti, nei vari e diversi momenti della vita.

La sua è una scrittura descrittiva, una scrittura visiva, molto ricca, piena di cose, densa, si passa dal presente al passato, improvvisamente, perché è ciò che c'è sotto la superficie che cattura e coinvolge la Munro: questo lei vuole portare alla luce, facendolo emergere a poco a poco.
Tutti i racconti verso la fine, proprio negli attimi che la precedono, ci stupiscono per piccoli sovvertimenti, come guizzi improvvisi, che hanno la capacità di modificare, in certi casi di stravolgere addirittura, quello che sembrava essere il corso normale e naturale della storia.

Mi sono ritrovata a sorridere e provare sorpresa per questo, stupita e colpita davanti ad una nuova verità così inattesa, capace di stravolgere, in alcuni racconti, la vita dei personaggi.

Vite del tutto normali, piccole vite, senza nulla di eclatante, gioie, dolori, sofferenze, ma la Munro in pochi tratti riesce a delineare i personaggi, i caratteri, situazioni e soprattutto stati d'animo particolari e complessi, li illumina in pochi tratti, precisi e attenti.

Lo fa con Johanna, protagonista del primo racconto, con Jinny, con la zia Alfrida, con Nina, con Lorna, con Meriel, Chrissy e Fiona, l'ultima donna di cui facciamo la conoscenza.
Una donna stupenda che possiamo immaginare con lo splendido viso di Julie Christie visto che da questo racconto è stato tratto il film Away from Her ( Lontano da lei ) in cui viene raccontata la storia d'amore di una coppia anziana che vive in una splendida casa immersa nella natura che tutti e due amano intensamente e ‘vivono' altrettanto intensamente regalandosi passeggiate notturne, con gli sci da fondo, nelle notti di luna piena.

Poi, lentamente, giorno dopo giorno, Fiona, nel vivere quotidiano, ha momenti di distacco dalla realtà, qualcosa di terribile le sta succedendo: dimentica le cose, non ricorda la posizione degli oggetti, confonde i gesti che prima le erano familiari. La realtà le sta svanendo sotto gli occhi.
Sono i segnali di una demenza senile che l'allontaneranno a poco a poco dalla realtà e da Grant.
Da qui il ricovero al Lagoverde, una ‘ bellissima' clinica psichiatrica la cui regola principale è che gli ospiti, per il primo mese di permanenza, non possono ricevere visite dei parenti.

Fiona e Grant non si potranno vedere, lui sarà costretto a stare lontano da lei nella grande casa avvolta nel silenzio prima, tanto amato, ed ora sentito come incombente e pesante.

Con delicatezza e profondità la Munro ci fa entrare nei sentimenti e nelle emozioni dei due personaggi, ogni riga porta con sè il mondo intero, in questo racconto e in tutti gli altri, è questa la grande capacità della scrittrice così attenta ai moti dell'anima, alla natura, ai colori, che ci porta con sé, pagina dopo pagina, fino a rendermi difficile chiudere il libro.

Una doppia piacevole scoperta, quella che ho fatto: Alice Munro, grande scrittrice che, fin dal primo incontro, è riuscita a farsi amare e a farmi scoprire e amare i racconti.

Per un profilo della scrittrice Tra donne

La ballata di Iza

Etelka e Iza sono madre e figlia e questa è la loro storia, una storia triste, molto triste, che non mi ha lasciato indifferente, impossibile, e mi ha toccato nel profondo dall'inizio alla fine.
Mi ha commosso e mi è rimasta addosso, dentro, a distanza di giorni, a libro finito.

La vecchiaia, il rapporto filiale con genitori anziani, la morte, ci vengono incontro nella narrazione e ci ritroviamo nelle paure, nelle insicurezze, nelle difficoltà e nel disorientamento che rompe equilibri, spesso fragili, conquistati a fatica negli anni e difesi strenuamente, con forza e dedizione. Mi ritrovo, a momenti, vicino ad Iza, capisco le sue preoccupazioni quotidiane vissute da lontano, lei ora è medico, ha lasciato la casa dei suoi e vive e lavora a Pest.
Capisco il bisogno di programmare tutto, alla perfezione,per non avere difficoltà: sono tante le cose a cui deve pensare, i suoi, laggiù, nella vecchia casa sono vecchi e soli. La sua è voglia, bisogno di difenderli e proteggerli da tutte le difficoltà che possono incontrare, dalle preoccupazioni e dai dolori e lei si adopera in tutto per loro.

E' una giovane donna seria, precisa,bella, intelligente,generosa, molto rispettata sul lavoro per queste sue qualità riconosciute da tutti. E' molto rigorosa e controllata, nella sua vita, nei suoi rapporti e con i suoi genitori.
Questo rigore e questo controllo sono parte di lei, il ‘ vestito' con cui si mostra agli altri ,se l' è cucito addosso nel corso degli anni, è la sua corazza, la sua forza ,la sua difesa , così e solo così riesce ad essere tranquilla e sicura che nulla possa sfuggirle di mano. Questo è l'unico modo che conosce per non spezzarsi, per rimanere nella sua interezza.
Ha imparato a comprimere e negare i sentimenti, le emozioni forti, tutto ciò che potrebbe minimamente ferirla,facendola soffrire perdendo il controllo, viene messo a tacere. Anche una semplice ballata che il padre le cantava da piccola la inquietava e lo faceva tacere, ieri come oggi,sempre, tutte le volte che lui avrebbe voluto fargliela ascoltare,così anche con i racconti del passato del padre che pensava lo potessero ferire, vengono sempre interrotti bruscamente.
Fin da bambina ha visto la sofferenza negli occhi dolci e tanto tristi del padre, l'ha vista nel viso piegato della madre e lei ha giurato a se stessa che mai più avrebbe voluto vederli così. Non ha avuto un' infanzia facile, Iza: il padre, Vince, magistrato, negli anni '30 non si piega al regime fascista, non scende a compromessi e paga duramente la fedeltà ai suoi principi venendo esautorato prima e poi messo al bando.
Resta senza lavoro per lunghi anni e la famiglia vivrà in grosse ristrettezze economiche, giudicati e osservati a distanza da tutti quelli che non condividevano le scelte fatte e isolati dal resto della comunità sociale.

Iza sarà al suo fianco, sempre: piccola bambina che lo tiene per mano e cammina a testa alta per la strada principale del paese in cui vivono,orgogliosa, in difesa, come un soldato,di questo padre umile e buono che solo dopo grandi difficoltà riuscirà a realizzare il suo sogno: “un'abitazione singola tutta per loro.. .

Lei, più avanti negli anni, non potrà andare all'università, a differenza di tutti i suoi compagni di studi, potrà farlo solo quando il padre verrà riabilitato, dopo ventitre lunghi anni, e da quel momento nessuno riuscirà più a fermarla: è diventata forte nel frattempo e vuole esserlo per tutti. Nulla potrà più ferire lei e le persone che ama.

Poi Vince si ammala gravemente e muore nell'ospedale in cui viene ricoverato per le ultime cure.
Iza, freneticamente si dedica a tutte le pratiche necessarie che non le lasciano un attimo di respiro, nemmeno il tempo per vedere il corpo del padre e fargli l'ultimo saluto.

Ora le rimane Etelka, la vecchia madre, donna fragile, semplice, che ama le tradizioni e con Vince sembra perdere tutto, anche i suoi confini, ma Iza si prenderà cura di lei, Iza penserà a tutto, Iza le sarà sempre vicino, perche Iza è buona con lei e fa tutto con amore.

E così avviene, dopo il funerale Etelka non dovrà neppure tornare nella vecchia casa, troppo triste, ora, per lei.
Iza ha già preparato le valige ed ha già prenotato una camera in un albergo in una zona termale, lei dovrà solo prendere il treno e partire, a tutto penserà Iza: venderà la vecchia casa, i mobili e poi insieme andranno a vivere a Pest nella bella casa nuova vicino all'ospedale in cui lavora, una casa piene di comodità che nemmeno conosce, di molti elettrodomestici, di radiatori sempre in funzione, dove non c'è nemmeno bisogno di legna, come al paese, qui, i legnetti che Etelka ha portato con sè, nascosti in valigia, non le serviranno a nulla, peccato, a lei piaceva molto accendere il fuoco, era una cosa che amava fare da sempre.

La donna pensa che le restano molte altre cose da fare per Iza, mentre lei è al lavoro, può prepararle buone cenette, alla sera, farle trovare una casa sempre pulita, dei fiori, farle il suo caffè, e poi possono conversare, dopo un buon bagno profumato e poi sedersi a chiacchierare insieme. Ma troppo presto Etelka si accorgerà che tutto quello che aveva sognato ed immaginato per la sua nuova vita in città insieme alla figlia non si avvererà mai.

E qui a Pest anche Iza incontra sua madre: “ Amava la madre tanto quanto suo padre, ma la amava in maniera diversa e per altre ragioni. Erano sette anni che non abitava più nella loro casa, nemmeno come ospite di passaggio…solo a Pest s'era accorta che sua madre era effettivamente diventata una persona anziana . S'era resa conto di aver serbato il ricordo di sua madre giovane: dal passato la salutava una creatura simpaticamente sventata, un po' timida, allegra, coraggiosa, discreta, il suo amabile disordine era compensato da una dolce freschezza di spirito e da un indefinibile talento di rendere la casa un vero focolare domestico. ...Le sarebbe piaciuto ritrovare quella casa intorno a sé, sentirsi avvolta dalla felice armonia di quegli anni lontani, ma ora, si era resa conto che era una speranza vana. Inutile cercare perifrasi meno crude: la presenza della vecchia la innervosiva.

Questo momento di ‘verità' nella vita di ciascuno è sicuramente il più sconcertante e doloroso, quello che più ci destabilizza e ci manda in crisi, si soffre, ci si colpevolizza e poi, lentamente si cerca, sia pure con fatica, di trovare una via comune da percorrere insieme tra mille e mille difficoltà.
Ma anche per chi è padre o madre è palpabile la stessa dolorosa e altrettanto sconcertante ‘verità'.
Basta guardare negli occhi, colmi di malinconia, per la vita che se ne sta andando, chi ci sta vicino e si affida, solo con lo sguardo, completamente a noi. La fragilità che quegli occhi ci rimandano può ferire, a volte, e Iza questo non lo ha potuto sopportare.

Ha preferito non guardare.

Lentamente, giorno dopo giorno, Etelka comincerà a chiudersi sempre più in se stessa arrivando a domandarsi se “ …. fosse morta anche lei e semplicemente non se ne fosse accorta? Possibile che una persona morisse prima di rendersene conto? ”.

Anche fisicamente, cercherà di non lasciare più la sua stanza che è diventata l'unico spazio in cui poter stare tra le poche cose portate da casa e tra i suoi ricordi del passato. Rivede la sua vita, le persone che più ha amato, i luoghi in cui è vissuta, e rivive con la memoria i momenti più importanti, con Iza non poteva parlarne, mai.

Per i vecchi il passato è importante e, come dice proprio nelle pagine finali del libro, Lidia, la nuova compagna di Antal che è stato marito di Iza e che ha molto amato, di vero amore filiale Etelka e Vince: ”Povera infelice (riferendosi a Iza ), crede che il passato dei vecchi sia ostile, non si è accorta che è invece la misura per spiegare e capire il presente.

Elteka lascerà la sua camera solo per ritornare al paese alla cerimonia per la lapide nuova da mettere alla tomba del marito, una lapide che ha scelto lei con molta cura e che alla fine si accorgerà essere troppo pretenziosa ed esagerata per Vince.

E si sente sola, veramente sola.

Anche Iza, davanti alla finestra della camera d'albergo guarda i tetti delle case del paese in cui è vissuta e, per la prima volta, chiama, invoca, dentro di sé: ”Mamma e papà“, ma il suo grido resta senza risposta e per la prima volta si sente, ed è, veramente sola. Forse, col tempo, superato lo smarrimento iniziale, potrà prendere per mano la bambina che non si è mai permessa di essere e continuare il cammino con lei.

Come ho già scritto mi è difficile lasciare questo libro in cui mi sono lasciata trasportare pur nella sofferenza che ho provato in molte pagine in cui mi sono, a momenti, ritrovata , riconosciuta e in altri allontanata da Iza .
Magda Szabò mi ha regalato riflessioni molto intense e partecipate, è una delle più grandi scrittrici ungheresi, ed io avevo già iniziato a conoscerla e ad amarla con La Porta, qui l'ho apprezzata ulteriormente.

La scrittrice è nata in Ungheria nel 1917 ed è morta, molto anziana nella sua casa di Debrecen, recentemente, all'età di novant'anni,si è spenta serenamente mentre leggeva, il 20 novembre del 2007.

“La ballata di Iza” è di Magda Szabò

Qui riporto un articolo pubblicato sull'Unità il giorno dopo la morte di Magda Szabò

di Maria Serena Palieri

Se la volontà espressa in vita da Magda Szabó verrà eseguita, nella cripta di famiglia, in un prossimo futuro, saranno in tre: lei, regina della letteratura ungherese, insieme com'è naturale con suo marito, ma, e questo è meno ovvio, anche con Emerenc, la cameriera che li servì per molti anni. Magda Szabó, autrice di tre romanzi tradotti in Italia, altrettanti capolavori, L'altra Esther, La porta e La ballata di Iza (il primo pubblicato da Feltrinelli negli anni Sessanta, gli altri due da Einaudi negli ultimi due anni), è morta lunedì sera nella sua casa di Debrecen, la città dov'era nata: aveva novant'anni, compiuti il cinque ottobre. Ad aprile 2005, quando la incontrammo nelle stanze della romana Accademia d'Ungheria - una signora cauta nel muoversi per via dell'età già avanzatissima, ma con gli occhi verdi scintillanti su un'epidermide di camelia - ci svelò, appunto, che la giustizia che pensava di rendere post mortem a Emerenc, la domestica che aveva reso protagonista della Porta, a quella Madre Coraggio dalla forza mitologica, era di farla riposare nella sua tomba, accanto a lei, alla pari col suo coniuge. «Io sono stata dilaniata tra due bisogni d'amore, quello di mio marito e il suo. Il dramma è che le nostre vite erano asimmetriche, io avevo uno sposo e la carriera, lei solo me» ci spiegò con un sorriso. La porta, uscito in Ungheria nel 1987, costituisce la vetta dell'arte di Magda Szabó: racconta appunto la passione materna assoluta, ma non cieca, anzi supremamente vigile, che una donna di servizio, Emerenc, nutre per la sua padrona. E, di converso, il sentimento con cui la padrona la ricambia e il «tradimento» con cui la ripaga alla fine. Dentro, la vicenda di Emerenc, la povera ungherese che ha vissuto ogni tragedia, s'è vista morire sotto gli occhi due fratellini gemelli carbonizzati dal fulmine e sua madre suicida in un pozzo, durante la guerra ha salvato chiunque le capitasse, ebrei e partigiani, russi e Ss, ha amato un seguace di Imre Nagy costretto all'esilio, ha trovato l'unico affetto che le rimanesse, un gatto, strangolato col fil di ferro da un vicino. I fatti, spiegava Szabó, erano tutti veri. Ma il suo magistero narrativo era consistito nel rendere questa passione tra padrona e serva, senza alcun doppiofondo omoerotico né crudeltà alla Genet o alla Losey, nella sua unicità, credibile. E nel metterla in scena intorno a quella «porta», il soglio della casa di Emerenc, oltre il quale si cela un «segreto» superbamente pudico. Magda Szabò nasce nell'anno e nei giorni della Rivoluzione russa da un padre protestante e una madre cattolica, nella città che ospita la comunità calvinista più folta d'Ungheria, Debrecen appunto: è di famiglia altoborghese, ceppo di grand commis, e questo, a sovietizzazione dell'Ungheria avvenuta, le verrà fatto pagare. Si laurea in lettere classiche (con una tesi sulla cura della bellezza femminile nell'età romana), si sposa con un collega, s'affaccia con successo di critica alla platea ungherese dopo la guerra, poi per un decennio, per quell'ostilità politica, torna in ombra. Dopo il ‘56, negli anni della relativa liberalizzazione, le porte le si riaprono: viene insignita nel ‘59 del premio Attila Jozsef, nel ‘78 del maggiore riconoscimento ungherese, il Lajos Kossuth. Scrive romanzi, libri per ragazzi e sceneggiature. Negli Stati Uniti le conferiscono il Betz Corporation, in Francia il Prix Fémina. Da noi segue il destino di tutti gli ungheresi che, dopo l'inondazione di romanzi degli anni Trenta e Quaranta, per riaffacciarsi dovranno aspettare il Nobel a Imre Kertesz: è un one shot, un colpo singolo e senza conseguenze, la pubblicazione nei primi Sessanta, a opera appunto di Feltrinelli, dell'Altra Esther , mentre dal 2005, con La porta , appaiono un antico titolo, La ballata di Iza , e, per le edizioni L'Anfora, due storie per adolescenti, Abigail e La fata Lala . A dicembre 2005 ottiene il premio Mondello ma, colpita da ischemia, non può presenziare a Palermo. L'altra Esther racconta di una bambina povera e brutta che investe di un odio appassionato la compagna dal nome d'angelo, buona, bellissima e ricca, e che, da questa passione malefica, trae linfa per diventare una straordinaria attrice. La ballata di Iza narra, invece, di una figlia che, quando muore il padre, con efficienza in apparenza amorevole s'impossessa della madre, la espianta dal villaggio, la porta in città e lì, con la sua algida premura, la conduce alla morte. Sono storie leggibili, sì, anche, in chiave metaforica: Iza non è forse simile a un regime che pone la sua tutela onnivora sugli individui? Sono storie le cui radici s'innervano nell'esperienza della spoliazione e della povertà vissuta nell'infanzia dall'autrice, «aristocratica in un paese socialista». Ma sono narrazioni di cui noi lettori seguiamo soprattutto famelici e incantati l'evoluzione, dentro i labirinti foschi delle anime dei personaggi. Magda Szabó, con un'altra grande dama della narrativa del secondo Novecento, Doris Lessing, ha condiviso questo: scovare la passione, e raccontarla, lì dove l'occhio comune non sa riconoscerla. Come quella tra lei e la sua serva, appunto. La domestica, ha scritto, quando la vedeva con un libro in grembo guardare il cielo oltre la finestra la sgridava perché «perdeva tempo». Lei, la regina ungherese delle lettere, è morta leggendo: come in un ultimo battibecco con la Emerenc che aveva reso protagonista di un romanzo capolavoro.

21 novembre 2007 pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 25) nella sezione " Cultura "

Così è la vita

Qualche anno fa ho deciso di fare una coperta patchwork utilizzando i miei vecchi maglioni e, vista la difficoltà che ho a disfarmi delle mie cose, ne avevo anche di molto vecchi, tutti fatti a mano da mia madre, la maggior parte, e da me, nel corso degli anni.
Ho così ritagliato varie forme di colori diversi che poi ho rifinito ad ogni lato e le ho cucite tra loro.
Ne è uscita una coperta caldissima piena dei colori della mia vita con cui mi piace riscaldarmi trovando rifugio nei momenti in cui il freddo si fa sentire. Non mi sono disfatta dei maglioni a cui ero affezionata, li ho semplicemente trasformati dando loro una veste diversa, riportandoli a nuova vita.

Il libro di Concita De Gregorio ha avuto su di me lo stesso effetto avvolgente e rasserenante della mia coperta patchwork, pieno com'è di calore e colore. È un libro che ritempra e aiuta a fermarsi per ritrovare quegli spazi protetti nella memoria, quegli angoli di passato custoditi negli anni, mai dimenticati, in cui ritrovare visi e risentire voci che ci erano familiari e care.

Mia madre è morta due mesi fa e tutto intorno a me racconta di lei, la mia coperta colorata e la mia casa sono piene dei suoi lavori cuciti pazientemente negli anni
Da ragazza avevo sempre rifiutato i suoi tentativi di insegnarmi qualsiasi cosa che riguardasse il cucito, sua grande passione, avevo altro per la testa, altri richiami da seguire, ora , da adulta mi sono accorta che quei gesti sono rimasti, comunque e fortunatamente, dentro di me e le mie mani ripetono i suoi movimenti spiati nel tempo e trovano capacità di realizzazione che mi rendono felice.

Mia madre ha sempre vissuto in casa sua con mio fratello che con me l'ha seguita negli ultimi anni in cui le difficoltà fisiche si sono fatte sentire, non ha avuto un lungo periodo di malattia grave, è stata in ospedale una decina di giorni per il progressivo aggravamento di disturbi suoi, peggiorati repentinamente .
Ultima tappa del suo cammino, la rianimazione dove il percorso con lei, emozionante e doloroso, si è concluso .

Prima che tutto questo succedesse con la velocità sorprendente con cui gli eventi di questo tipo si susseguono mi capitava spesso, vista l'età di mia madre, di pensare quasi con terrore, a questo momento. Pensavo che non sarei stata in grado di accompagnarla con la serenità necessaria nel suo ultimo cammino.
Così non è stato, tutto, pur nel grande dolore provato, è andato come doveva andare, naturalmente e quasi con dolcezza, una dolcezza e una tranquillità infinita che penso, sono certa, mia madre ha sentito.
Gli ultimi due giorni dopo la morte, li abbiamo passati a casa sua, è stata ancora con noi come era abituata a stare, tra i molti nipoti un po' chiassosi che venivano a salutarla per l'ultima volta, tra le amiche e i conoscenti che a noi ne parlavano con amore ricordandola così come lei era, tutto questo nella casa che amava, tra i suoi ricordi .

Così è la vita che ho cominciato a leggere poco prima di Natale, circa un mese dalla morte di mia madre, mi ha riportato le riflessioni che giorno dopo giorno mi hanno accompagnato e mi stanno tutt'ora accompagnando in questo particolare periodo. Perché Concita De Gregorio di questo parla nel suo libro facendoci entrare nella bellezza e nella delicatezza di racconti in cui tornano a vivere gli amici, persone con cui ha condiviso tratti di strada, film, libri, ricordi suoi personali molto vivi e presenti ..
Ci porta con sé nel bosco di carrubi dove Elvira Sellerio aveva fatto “montare attorno ai tronchi panchine circolari di ferro battuto… poche, vicine abbastanza per vedersi ma lontane abbastanza per non disturbarsi”.
Lì ci si siede con la schiena appoggiata al tronco mentre davanti si stende il bosco, questo per Elvira “ … era il posto ideale e il modo più bello per parlare la sera… e dirsi le cose che altrimenti non si riescono a dire…”
Mi fa ricordare un film particolare e bellissimo che anni fa mi aveva profondamente colpito e mi fa conoscere la figura dell' accompagnatore, di colui che accompagna le persone che se ne stanno andando, rimanendo con loro tutto il tempo necessario, le ascolta , raccoglie i ricordi, le riflessioni, riordina tutto il materiale di una vita e poi, alla fine, dopo la morte, si ferma ancora per il tempo necessario con chi è rimasto per condividere ricordi e pensieri, donando ciò che di prezioso ha raccolto vivendo a stretto contatto con la persona cara che se n'è andata.

Scrive di molte altre persone amiche che continuano a rimanere presenti proprio attraverso i ricordi scambiati con amore, piccoli tasselli variegati che si uniscono insieme armonicamente regalando l'immagine completa, piena di tutto ciò di cui una persona è ricca.
Mi fa entrare nell'obitorio di Palafrugell dove c'è una “scaffalatura di legno chiaro come una V rovesciata alla sinistra dell'ingresso. Esposti - disponibili per la lettura - una cinquantina di libri” Sono della casa editrice Alfinlibros che “raccoglie libri che illustrano, ragionano, esaminano, raccontano ed evocano i sentimenti che danzano intorno al lutto” molti dedicati ai bambini.

Di fiabe e libri per bambini scrive anche Concita perché “Così è la vita” è proprio dedicato a loro, a tutti loro che ci fanno domande e vogliono da noi, ne hanno diritto, risposte. E noi “non possiamo deluderli. Ne ingannarli. Siamo stati come loro non troppo tempo fa”.

Non troppo tempo fa, ma abbastanza, nel paese di campagna in cui sono nata e rimasta fino a nove anni, pensando ora più frequentemente, alla malattia, alla vecchiaia e alla morte, ricordo che tutto veniva vissuto in modo molto naturale.
La casa era il luogo dell'accoglienza e della cura ed i familiari a turno si dividevano il tempo da dedicare a chi aveva bisogno e chi era solo veniva comunque accudito dalla gente del paese.
Mia nonna era chiamata quando qualcuno moriva ed era lei a prestare le prime attenzioni al defunto.
Lo lavava e lo vestiva con naturalezza e amore e lo preparava per poter ricevere i parenti e tutta la gente del paese.

Io, con la mano nella sua, andavo a'far visita' e mi fermavo nella stanza insieme alle persone che pregavano sommessamente.
Allora la stanza allestita per la veglia non era sicuramente un luogo ‘adatto' ad un bambino: lunghi drappi pesanti neri e viola rivestivano le pareti e poche candele illuminavano l'ambiente; ma tutti insieme condividevamo il dolore dei parenti che veniva accolto e trovava il suo posto accanto alle persone amiche ed io non mi sentivo a disagio, stavo tranquilla con tutti loro ed osservavo.

Ho il ricordo di una grande naturalezza in ogni cosa e questa naturalezza insieme alla cura amorevole e alla condivisione mi piacerebbe ritrovare proprio perché… così è la vita, e dare il giusto spazio dentro di noi a ciò che la morte racconta non è solo un conforto momentaneo, ma è pienezza e ricchezza del vivere.

"Cos' è la vita" è di Concita De Gregorio

Guida rapida agli addii

Sono tornata a Baltimora, per riprendere a leggere, dopo un periodo “d'interruzione forzata”. Avevo bisogno di atmosfere conosciute, ambienti quasi familiari, del modo pacato e leggero di delineare i personaggi e le loro storie tipico di Anne Tyler.

Un ritorno a casa, sempre, per me.

Aaron è lì, un po' piegato su se stesso, la testa china, si muove trascinando la gamba destra e si appoggia ad un bastone, è un giovane uomo di 35 anni, ma io per tutto il libro continuo a pensarlo come anziano.
E' un momento particolarmente difficile per lui, la moglie Doroty, la sua Doroty, è morta. È rimasto improvvisamente vedovo per un assurdo incidente: una quercia proprio all'entrata della casa si è schiantata di colpo investendo la veranda; lui dalla camera al piano superiore ha sentito un tremendo boato e quando è sceso in cucina sotto i resti di calcinacci e rami contorti ha visto il corpo della moglie completamente schiacciato da tutto il materiale che si è raccolto intorno.
Corsa in ospedale, giorni di attesa, la morte.

Poi tutto avviene in modo repentino, l'obitorio, niente funerale, la cremazione, Doroty avrebbe voluto così, lei era una donna “volitiva, forte, ostinata, autoritaria”, non vedeva i suoi parenti da molti anni, era di origine messicana, e mai parlava di loro, era una donna particolare.
Proprio per questo lui l'aveva amata e le era infinitamente grato per il suo modo particolare di essergli stata accanto.

Non era come la madre e la sorella che per tutta la vita lo avevano asfissiato con le loro continue ed inutili premure, fin dal loro primo incontro aveva capito che lei era diversa, la sua Doroty era davvero unica.

Ora lui è solo e la casa è per metà distrutta, per fortuna può contare sul suo lavoro.

Da anni con la sorella dirige una casa editrice che tra le altre cose pubblica, con discreto successo, delle Guide rapide per principianti, piccoli manuali contenenti consigli pratici, da seguire passo passo, nei vari campi del quotidiano, nella convinzione che: “Si può gestire qualunque cosa, perfino le prove più complicate della vita, basta suddividerle in parti abbastanza piccole”.

Non c'è tra queste quella che potrebbe servire ad Aaron in questo momento di completo smarrimento, dolore e senso di vuoto, non ci può essere niente di rapido nella gestione emotiva del lutto e del senso di perdita, tutto avviene secondo ritmi e tempi interni che vanno rispettati.

Così deve essere e così è per lui.

Non è un libro né pesante, né triste, visto il tema che tratta, è Anne Tyler che ci accompagna in questa storia e se ci sono pagine velate di profonda malinconia sono raccontate con l'ironia e la leggerezza che ci ha abituato ad incontrare ogni volta nei suoi scritti.
Aaron impara a convivere con il proprio lutto giorno dopo giorno, si scontra, da solo,con le proprie debolezze e difficoltà e ne prende coscienza, per la prima volta nella sua vita segue ciò che sente veramente dentro ed il suo cammino è verso una consapevolezza nuova di sé che lo accompagna in una dimensione del suo vivere più vera .

Non era stato perfetto il suo matrimonio, avrebbe voluto che fosse stato così, ma si rende conto, ora e solo ora che sente e vede Doroty vicino a sé per brevi momenti e a lei parla con più sincerità di quando fosse viva, di come in realtà troppe sono state le incomprensioni messe a tacere per mille motivi, mai ascoltate, ignorate negli anni per un quieto vivere senza difficoltà, ma anche senza vera felicità.
“Perchè – si chiede Aaron- il nostro matrimonio era così infelice?
Perchè era infelice ora lo posso dire. O difficile, almeno. Stonato. Scoordinato. Sembrava che non riuscissimo mai a trovare il modo per essere una coppia come le altre”.

Da questo momento particolare di consapevolezza Aaron esce rafforzato e, per la prima volta nella sua vita, sicuro di sé.

“Un tempo mi piaceva pensare che quando moriamo scopriamo finalmente il senso della nostra vita. Non avevo mai immaginato che si potesse scoprirlo alla morte di qualcun altro”

Così è per lui ed ora le sue nuove scelte hanno un colore diverso.

"Guida rapida agli addii" è di Anne Tyler

Anne Tyler: Guida rapida agli addii

Volevo essere una farfalla

Succede. A volte l'anima si ammala e il normale e naturale cammino nella vita può interrompersi senza un apparente e evidente motivo preciso ed è da momenti così indefiniti che può iniziare un viaggio molto particolare lungo, doloroso e difficile dentro se stesse per ritrovarsi e poter essere di nuovo nel flusso della vita.

All'inizio le ombre avvolgono dense e non lasciano entrare spiragli, è il momento del non essere , del nulla, del vuoto, è la sofferenza allo stato puro: sofferenza che toglie il respiro, rende affamate, denutrite, staccate dalla realtà, annichilite dal vuoto e dalla paura.
Sintomi diversi, ma tutti riconducibili ad un unico grande disagio: la difficoltà ad essere, ad amare, a vivere.

Michela Marzano, in modo diretto, ci accompagna in questo viaggio doloroso dentro la sua sofferenza, là dove c'è “la paura che si spalanca”.

L'infanzia, l'assenza della mamma e il senso d'abbandono, l'uomo nero, (come nella ninna nanna che le cantavano da piccola: “ninna nanna ninna oh, questo bimbo a chi lo do, lo darò all'uomo nero, se lo tiene un anno intero”), la presenza, troppo e sempre, carica di aspettative del padre e l'adattamento continuo di chi non vuole mai creare problemi e che non vuole mai deludere nessuno.

Ed è così che ci si allontana sempre più da se stessi, da quello che si desidera e si vuole veramente fino ad arrivare al punto che non si sa più cosa si vuole davvero, non si sa più se quello che facciamo lo facciamo per noi o per il nostro bisogno assurdo di compiacere sempre e solo chi ci sta intorno.

Tornare indietro poi diventa impossibile, fino a che il corpo manda segnali forti, sintomi sempre più difficili da gestire nel quotidiano che portano allo scoperto quello che non va, nel profondo.
Anni di analisi, molti dei quali in francese, visto che l'autrice si è stabilita a vivere e lavorare in Francia.

Continuo a chiedermi come le sia stato possibile, rendere le sfumature talvolta davvero impercettibili di un emozione, di un sentimento, di una paura, esprimendosi in una lingua diversa dalla propria, ma lei ci è riuscita arrivando a comprendere alla fine del suo lungo percorso che: “Nella vita non si può fare altro che accettarsi. Ed essere indulgenti e perdonarsi”

Mi piace riportare, qui, lo scritto sulla sofferenza di Jeanne Hyvrard che l'autrice mette in apertura del libro:

Dici che la sofferenza non serve a niente. Ma non è vero.
La sofferenza serve a far urlare.
Per farci avvedere dell'insensatezza. Per permetterci di notare il disordine.
Per scorgere la frattura del mondo.
Dici che la sofferenza non serve a niente. Ma non è vero.
Serve a dare testimonianza del corpo spezzato.
"

Jeanne Hyvrard , La meurtritude

Il libro è diviso in tanti piccoli capitoli di poche pagine ciascuno, le pagine sono composte da frasi brevissime in cui l'autrice passa da momenti, argomenti ed emozioni diversi. Veloci immagini che corrono una dietro l'altra, riflessioni ad alta voce così come succede nella stanza in cui la propria storia viene 'passata' all'analista, la stanza protettiva in cui il dolore e la sofferenza a lungo trattenute nel corpo trovano finalmente le parole che riescono ad esprimerli in tutta la loro pesantezza.

Alla fine cosciente che “il passato è sempre lì, perchè il passato non passa mai”, ma con la nuova certezza che ora, finalmente, è possibile sentirsi “vivere leggera come una farfalla”, naturalmente leggera, senza il bisogno martellante da dentro, di affamarsi o riempirsi per poi vomitare tutto.

Con la possibilità, ora, di ascoltare la voce interiore che la invita a: “restare seduta a valle, fermarmi. E non fare altro che ascoltare il passo delle nuvole sul prato.”

È, questo, il primo libro di Michela Marzano che leggo.

Ho avuto modo di 'incontrare' l'autrice nelle varie partecipazioni a programmi televisivi di questi ultimi anni e leggere il suo libro è stato come ascoltarla: lo stesso ritmo, la stessa vitalità, la stessa energia, la stessa grande forza che riesce a trasmettere a chi l' ascolta così come a chi la legge.

Volevo essere una farfalla è di Michela Marzano

Volevo essere una farfalla
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Rosa candida

Ci sono periodi della vita particolarmente difficili in cui il dolore ci attraversa e anche la lettura, se pur tanto amata, non ci può venire in aiuto perchè non riusciamo ad accogliere nulla dentro di noi, così ho sfiorato per mesi con lo sguardo questo piccolo libro posato su un mobile fino al giorno in cui prendendolo tra le mani non l'ho più lasciato fino alla fine della storia dolcissima raccontata nelle pagine piene di tenerezza, di colori, profumi e natura che mi hanno accompagnato all'antico roseto di un vecchio monastero sperduto nel nord Europa.

E' qui che Lobbi, il giovane protagonista che vive in Islanda con il padre ed il fratello gemello, autistico, decide di trasferirsi dopo la morte della madre. Lei gli ha trasmesso l'amore per la natura, per la cura delle piante e dei fiori e lui di questo e per questo ora vive. Nella serra, adiacente alla casa, che la madre aveva costruito per i suoi fiori, una notte d'amore con Anna, giovane amica, porterà alla nascita di Flora Sol, la piccola bambina bionda che darà alla sua vita una pienezza inaspettata.

E' lei che passerà a salutare prima di partire. Nel lungo viaggio che decide di intraprendere porta con sé oltre le sue insicurezze anche alcune piantine di Rosa candida, un tipo di rosa particolare a otto petali molto amata dalla madre. Il luogo lontano che l'aspetta è nei suoi ricordi di bambino, tra le pagine di un libro che la madre era solita leggergli, pagine in cui si parlava di un monastero fuori dal mondo che nei giardini interni custodiva antiche specie di rose.

Qui Lobbi sarà il nuovo giardiniere e cercando di ridisegnare i confini di una natura incolta e lasciata a se stessa per molto tempo, si accorgerà, giorno dopo giorno, che anche i suoi confini si vanno delineando sempre più rendendo le insicurezze iniziali sempre più sfumate, perchè Lobbi nel giardino si sente bene , lì: ”...è bello sfruttare la solitudine delle aiuole per sondare i propri desideri e le proprie aspirazioni in un muto contatto con la terra.

Con il passare del tempo non solo il giardino comincerà a riprendere forma, colore e profumi, ma anche lui sentirà dentro di sé una forza nuova, sentirà di appartenere a questo luogo come se da sempre avesse abitato quel paesino sulle pendici di un colle roccioso su cui si staglia la sagoma del monastero in cui passerà il suo tempo con la piccola Flora Sol, lì accanto a lui, e Lobbi imparerà, così, a fare anche il padre.

Ho richiuso il libro a fatica come se la leggerezza e la tranquillità che mi aveva riempito durante la lettura potesse abbandonarmi, così non è stato e di questo ringrazio l'autrice islandese Audur Ava Olafsdottir, alla sua prima positiva esperienza. La sua scrittura lineare, pulita, sciolta disegna momenti di vita poetici e delicati in cui è molto piacevole immergersi.

Rosa Candida
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Piangi pure

Nel film "L'Ospite d'inverno" di qualche anno fa, l' anziana madre della protagonista ( Emma Thompson ), mentre si guarda allo specchio con aria triste e risentita dice: “E' proprio la mia faccia? Dovremmo cambiare dentro e non fuori. Sarebbe più giusto. Mi prende un colpo ogni volta che mi guardo allo specchio. Dentro sono ancora come quando avevo 17 anni e guardami, guardami, odio questa faccia da vecchia."

E' a questo film che ho ripensato dopo la lettura di "Piangi pure", romanzo intenso e bellissimo che mi ha chiamato in modo strano ed ho fatto bene a seguire la chiamata, era il momento giusto per avvicinarmi ad una lettura di questo tipo. L' ho tenuto vicino, volutamente, molto più di quanto necessitava la lettura perchè mi aveva portato con sé e per questo faticavo a lasciarlo.

Iris, la protagonista, è una donna meravigliosa di 79 anni e la conosciamo mentre testardamente prova con tutta se stessa a vivere ancora le forti emozioni che sente dentro grazie ad un fisico non intaccato dalle malattie e ci riesce.

Non ha avuto una vita semplice e lineare, ha sempre fatto scelte molto difficili e dolorose, vissute in solitudine, lei, per tutta la vita, ha cercato 'la libertà nella solitudine' ed ora vive sola in un appartamento che anni prima ha potuto comprarsi con la pubblicazione di un libro e che si è vista costretta a vendere “a una cifra proporzionale alla sua aspettativa di vita“.

Ha venduto la nuda proprietà ricavandone un' importo inferiore di molto al suo valore effettivo. Ora “che si sente a ridosso del finale“ c'è qualcuno, il compratore di casa sua, un giovane di 36 anni, prossimo alle nozze, che sicuramente le augura “una sincope al minuto, per poter occupare in fretta l'appartamento. A questo pensa Iris ogni giorno dopo la firma del contratto e non si sente più la stessa, non riesce più a star tranquilla perchè pensa: “E' come se avessi sfidato il destino”.

Ha una figlia, Alice, con cui ha sempre avuto un rapporto conflittuale, a lei è legata 'da un fitto tessuto di recriminazioni e rimpianti' ed una nipote, Melina che vive attraverso lo sguardo degli uomini, con la quale ha un rapporto di complicità.

E poi nella sua vita è entrato con discrezione C., uno psicanalista di 76 anni che ha lo studio sul pianerottolo dello stesso stabile, l' ha incontrato nel bar di fronte a casa ed a poco a poco i loro incontri diventano appuntamenti quotidiani che Iris si accorge di aspettare con impazienza, con lui inizia a parlare di tutto ciò che in questo momento la sta preoccupando ed è su suo suggerimento che riprenderà a scrivere, terrà un diario. “la redazione di un diario è il contrario della psicanalisi, ti consegna a te stesso, non a un altro” e Iris, in questa fase della sua vita ha bisogno proprio di questo e ascolta il suo consiglio.

Non sarà facile perchè sarà tutta la sua vita a venirle incontro, vecchie emozioni e dolori profondi l'attraverseranno di nuovo con la stessa violenta intensità, ma questo è il prezzo da pagare per arrivare alla sua verità. Con i capelli bianchi raccolti in una lunga treccia, così come li teneva da ragazza, Iris si sente di nuovo piena di curiosità per la vita e sente, dentro, di non voler porsi limiti, proprio ora, e di tutto questo è partecipe C. sempre più coinvolto da questa donna forte, inquieta e imprevedibile. Carlo, questo il suo nome che conosciamo verso il finale del libro, vuole solo lei accanto, ora che è nella fase finale di una malattia per cui non c'è più niente da fare. Insieme, per il tempo che rimane a entrambi, insieme senza paure e ipocrisie, sinceri con se stessi e con l'altro, insieme perchè tutto diventa meno difficile quando ci si può incontrare nello sguardo dell'altro. "Un amore in età avanzata, a cui ho tolto tutti gli stereotipi consueti ...l'unico modo di reagire è lottare contro gli stereotipi ...

Piangi pure è: “una storia di seduzione amorosa...un amore che si sviluppa nei tempi supplementari...", così Lidia Ravera presenta il suo ultimo libro che entra con molta leggerezza in un tema non facile, non semplice, non usualmente trattato da cui sono stata catturata e trascinata nelle vite di queste tre donne, di generazioni diverse con aspetti che ho sentito parte del mio vissuto e poi quest'ultimo amore in cui Iris si lascia andare completamente perchè sente di esserci completamente così come Carlo, davanti al quale piange per la prima volta alla fine del libro, non per dolore, per paura o sconforto, ma per sollievo, per gioia, perchè sono ancora vivi insieme e perchè insieme possono continuare l'ultimo tratto di strada che resta.

Piangi pure è di Lidia Ravera

piangi pure
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