La stanza era piccola e chiara, le pareti piene di prati fioriti che lei
componeva petalo su petalo nelle sere d'inverno. Un letto sfatto e una poltrona
accogliente in cui rifugiarsi col gatto soriano impigrito dal caldo del giorno.
Poi, al calare del sole, la porta sbatteva e la donna saliva le scale cantando una vecchia
canzone. A piedi nudi, leggera, apriva gli scuri e l'aria fresca del giardino fiorito
riempiva le stanze di voci duccello.
Così nella morbida penombra, apriva il cassetto del mobile scuro e prendeva la scatola a
disegni azzurrini, si sedeva sul tappeto ad arabeschi arancioni, e, togliendo lo scialle
dalle spalle chiarissime, sparpagliava davanti a sé quelle foto ormai ingiallite dal
tempo. |