Anna Ruschena

LE STORIE CHE CURANO

Autobiografia: una cura per l’anima
Un’ esperienza con pazienti oncologici
di Anna Ruschena

Al piano interrato dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano si trova una stanza piena di allegria e colori: è il “Laboratorio Artistico Terapeutico”, un‘officina dell’anima nella quale i pazienti curati od ancora in cura presso l’Istituto vengono aiutati a ritrovare la serenità e la fiducia attraverso le terapie artistiche e occupazionali; il laboratorio è aperto anche ai parenti, ai volontari e a tutte le persone che li seguono da vicino.
E’ un’iniziativa unica nel suo genere nata nel settembre 2003, per opera dell’Unità Operativa di Riabilitazione e Cure palliative, con lo scopo di migliorare la qualità della vita del paziente ponendo al centro dell’attenzione non più solo la malattia ma il malato nella sua globalità.
Nel laboratorio si danza, si disegna, si dipinge, si scrive, si fa teatro, musica, yoga, cartonaggio, computer, taglio e cucito e attraverso tutte queste attività semplici, piacevoli e che non generano ansia le persone possono incontrarsi, conoscersi, e sostenersi reciprocamente.

Centrale in queste esperienze è il valore del gruppo come luogo di continui scambi basati sulla confidenza , la parità, la libertà di espressione e l’assenza di giudizio.

Soprattutto il gruppo si configura come un ambito in cui le persone possono non solo chiedere aiuto ma anche offrire il proprio aiuto e, attraverso la messa in comune delle proprie specificità e verità, ognuno ha la possibilità di porsi come soggetto attivo diventando agente terapeutico per gli altri.
Sono stata docente presso il laboratorio artistico dal suo inizio , ho contribuito al suo avvio, ne ho seguito i primi passi e in seguito la crescita e lo sviluppo nel tempo fino ad oggi.
La mia attività si é basata su un lavoro di narrazione autobiografica che ha preso forma attraverso vari strumenti espressivi quali la scrittura , l’uso libero del colore, il collage e la drammatizzazione di alcune storie ed immagini emerse nel corso delle narrazioni stesse

NARRARE DI SE’

Narrare ed ascoltare storie è sempre stato un bisogno fondamentale dell’uomo.
Ogni giorno di ogni persona è storia da vivere e da raccontare e tutte queste storie quotidiane, se condivise, possono raggiungere altri cuori ed altre persone creando rispecchiamenti , legami, sentimenti di unione e di vicinanza.
Narrare di sé , partire dall’oggi per risvegliare anche i ricordi più lontani che si credevano dimenticati ma che invece sono ancora vivi fra le pieghe della memoria, è un modo per dedicare maggiore attenzione a se stessi, per ascoltarsi, per entrare in contatto in modo autentico e profondo col proprio mondo emozionale e portarlo alla luce in tutta la sua ricchezza e le sue sfaccettature.
Raccontare la propria storia è un atto di solidarietà verso se stessi, è un prendersi per mano per fare un viaggio in cui l’io narrante diventa protagonista della propria vita e , mentre la condivide con gli altri, ne riscopre anche tutto il valore e la dignità : è un percorso che aumenta l’autostima, arricchisce l’immagine di sé e apre spazi di progettualità e cambiamento permettendo di intravedere ciò che è possibile fare ancora.
Così si esprimono i pazienti nei confronti della narrazione.
Narrare le proprie storie é:

  • Liberare quello che si ha dentro
  • Far uscire le storie dal cuore
  • Conoscersi più a fondo
  • Sincerità con se stessi
  • Star bene con se stessi
  • Sorridere di sé
  • Dedicare maggiore attenzione a sé
  • Recuperare tutti quei ricordi che sembravano perduti
  • Dar voce a ciò che sembrava dormire
  • Sentire con il proprio corpo l’odore ed il sapore dei
  • Ricordi
  • Sentirsi liberati dal passato sia bello che brutto
  • Elaborare degli eventi che sembravanocompiuti e che invece ancora non lo sono
  • Riconciliarsi col proprio passato ed elaborare i rimpianti
  • Capire di più gli altri
  • Farsi conoscere
  • Trovare cose comuni e punti di contatto
  • Sentirsi vicini e sviluppare sentimenti di unione
  • E da ultimo, l’aspetto più importante , che questa frase ben riassume
    “Sentire che si è vissuto e che si sta ancora vivendo”

LA MALATTIA, TRA BISOGNI,TIMORI E SPERANZE

Un bisogno fondamentale che le persone esprimono quando incominciano a frequentare il laboratorio artistico é quello di raccontare della malattia per poter condividere con altre persone emozioni, sentimenti, paure e pensieri ad essa legati, tutte cose che spesso è difficile comunicare a chi non é passato attraverso quella stessa esperienza.
La malattia rompe profondamente e all’improvviso gli equilibri e sconvolge la vita su vari fronti, da quello emozionale a quello dell’organizzazione quotidiana; spesso è difficile dar voce liberamente a ciò che si prova e ai timori più profondi perché, anche quando i familiari sono vicini e disponibili all’ascolto, subentra comunque la paura di creare ulteriori preoccupazioni e di buttare altri pesi sulle spalle.
La malattia oncologica, a differenza di altri tipi di patologie, dal punto di vista psicologico ed emozionale si configura come un evento”apicale”, un’esperienza totalizzante che crea una profonda spaccatura nella propria vita e manda in crisi valori e certezze; è come uno spartiacque che modifica il fluire del tempo e ne altera anche la percezione .
Tutta la propria realtà viene percepita come costituita da “un prima ed un dopo”, prima della malattia e dopo la malattia, e in questo quadro emozionale che si delinea il tempo passato appare lontano e sfumato, quello futuro incerto ed indefinibile e quello presente enormemente dilatato, minaccioso e paralizzante.
Il rischio di rinchiudersi, di ripiegarsi, di farsi assalire dal senso di inutilità e alla fine di scivolare nella solitudine emotiva e nella depressione è molto alto Trovare uno spazio dove poter parlare di sé e della propria malattia, dove poter ”buttar fuori” il proprio mondo interno e dar voce alla propria parte sofferente con persone disposte all’ascolto ed in grado di comprendere è sicuramente di grande aiuto .
Così dice una frequentante “A un tratto nella mia solitudine come per incanto ho trovato una porta che si apriva e al di là della porta un luogo concreto ed aperto, una specie di giardino abitato in cui si poteva sostare, mettere radici e forse fare fiori e frutti.
Mi piace pensare che, se c’è un bisogno vero, esso si fa strada e nasce nel mondo un luogo che lo accoglie e che lo nutre” Ed un’altra “Le ore preziose che ho trascorso nel nostro laboratorio artistico hanno costituito per me un momento di riflessione, una pausa che,se anche forzata, era necessaria per me, per tentare di ricostruirmi prima di riprendere il cammino con le nuove gioie e le nuove sfide che attendono ciascuno di noi, sempre, inevitabilmente”.
Tuttavia per potersi ricostruire ed uscire dall’empasse dovuto alla malattia non è sufficiente dar voce soltanto alla parte sofferente: questo è solo il primo passo da compiere su una strada che deve anche poter aiutare le persone a dar voce alla parte sana e creativa di sé in modo che tale parte possa poi dialogare con la parte sofferente in modo da nutrirla e sostenerla.
Le artiterapie , attraverso strumenti diversi, sono la strada che permette di portare alla luce il proprio mondo interno dandogli vita e rendendolo comunicabile attraverso forme concrete che nascono nel profondo regno dei sentimenti.
L’espressione artistica , (sia essa scrittura, teatro, disegno, poesia, danza, musica) è uno strumento che rende visibile e comunicabile la realtà profonda che abita in ciascuno di noi e che permette di elaborare in modo creativo tutte quelle sensazioni che non si riescono ad esprimere soltanto attraverso le parole.
Attraverso l’arteterapia vengono stimolate le risorse e le potenzialità che possiede ogni persona, vengono messe in gioco fantasia, intuizioni e percezioni sensoriali in modo che le immagini interne possano diventare immagini esterne, visibili e condivisibili con gli altri.
Nell’arteterapia è bandita ogni interpretazione e giudizio e non esistono canoni di bellezza tuttavia la ricerca non solo di una forma ma di “una buona forma”(che sappia cioé rispecchiare quello che una persona sente realmente e che la soddisfi personalmente al di là delle categorie del bello o del non bello) è un’ operazione importante che richiede dedizione e concentrazione e che, assorbendo tutti i sensi, coinvolge profondamente e procura benessere.

LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA E IL GIOCO DEI RICORDI

Narrare di sé e lasciare che le storie affiorino spontaneamente alla memoria andando avanti e indietro nel tempo liberamente, è una delle possibili strade per risvegliare il mondo interno in tutta la sua ricchezza poiché ogni episodio della propria vita, da quelli più importanti a quelli apparentemente più semplici e quotidiani, è ricco di emozioni e sensazioni che, una volta condivise, entrano a far parte del presente arricchendolo e sostenendolo.
Attualizzando il passato si ricrea quel continuum percettivo dell’esperienza che l’evento malattia aveva alterato e questo aiuta ad uscire dall’immobilismo poiché si risveglia la fiducia nelle propria capacità di reagire positivamente al momento difficile che si sta attraversando.
Infine, poiché narrare è cosa accessibile a tutti ( stranieri, non vedenti, persone poco alfabetizzate), offrire uno spazio appositamente dedicato alla narrazione significa creare da subito una situazione di parità fra le persone che mette a proprio agio ed orienta all’apertura.
Per riattivare i ricordi ho utilizzato, spesso anche se non sempre, il gioco dell’oca della vita , che fa leva sul piacere del gioco Si tratta di un classico gioco dell’oca costituito da 65 caselle; ogni casella è contrassegnata da una parola e da un’immagine che richiamano alla mente ricordi, sensazioni, eventi più o meno lontani del proprio passato Ad ogni casella capitata in sorte col lancio di un dado ognuno dovrà raccontare un evento della propria vita, anche dei più semplici , il primo che spontaneamente affiora alla mente.
Il metodo è molto efficace perché, oltre che riappropriarsi dei ricordi, permette di sviluppare l’ascolto, il dialogo e soprattutto di non focalizzarsi sulla malattia.
Così dicono i frequentanti
“Quando gioco al gioco dei ricordi affiorano alla mia mente momenti e sensazioni che avevo dimenticato, momenti che mi fanno tornare indietro nel tempo, che mi consolano e mi riempiono di gioia.”
“La mia è stata una vita senza soste o riposo; sentivo spesso il bisogno di prendermi un po’ di spazio, ma questo bisogno è sempre stato disatteso perché la vita mi trascinava via con i suoi ritmi e le sue richieste concrete; narrare mi ha permesso di regalarmi un tempo prezioso”.
“La depressione stava facendo capolino nella mia mente perché pensavo continuamente al mio futuro tanto incerto; raccontare mi ha fatto uscire dall'isolamento e la mia concentrazione é migliorata.”
“Raccontare i ricordi belli ed esternarli con divertimento e rilassatezza mi aiuta anche ad affrontare le esperienze più brutte, comprese quelle inerenti la mia malattia. Inoltre il fatto che il laboratorio artistico fosse nella struttura ospedaliera mi ha fatto sentire più sicura anche nei momenti di grande stanchezza.”
“ Parlare, sentirsi uniti da tante sensazioni, imparare a capirsi attraverso il racconto di altri. Ma ci sono due modi di parlare:
uno è quello abituale, quotidiano, in cui stiamo attenti a non esporci troppo e l’altro è quello delle nostre emozioni.
Riusciamo a usare questo “linguaggio vero” solo con le persone che ci sono vicine e che sono in grado di comprenderci.”
“ Sono davanti ad un cesto di parole con cui riscrivere la mia vita” “ Il regalo più prezioso che mi ha dato la narrazione è stato riappropriarmi della magia del tempo.” Alcune di queste storie , oltre che narrate e scritte, sono state anche drammatizzate, di altre ne è stato messo in mostra il cuore emozionale attraverso l’uso libero del colore e la costruzione di collages.
Dopo la fase di narrazione i sentimenti cambiano e si modificano ed il quadro del vissuto emozionale appare assai diverso da quello che accompagna le persone nel proprio quotidiano : l’angoscia, la rabbia, l’impotenza, la sfiducia lasciano il posto alla dolcezza, alla nostalgia, alla sottile malinconia, all’autostima, all’acettazione ed alla speranza Proprio questo continuo sfaccettarsi e modificarsi dei sentimenti segna una trasformazione in senso positivo destinata a portare nuovi equilibri nel presente sia dal punto di vista emotivo che pratico ed aiuta a togliere la malattia dalla posizione di “evento che sovrasta”; l’io narrante diventa il> protagonista di una battaglia che si può portare avanti, anche se spesso con fatica, e in questa battaglia si possono anche mettere in campo i propri talenti risvegliati

DAL DIRE AL FARE

Per risvegliare talenti è tuttavia necessario che le parole diventino”forma” è importante “il fare”
Una delle forme che ho fatto assumere alla narrazione è stata quella della scrittura.
Gli scritti sono stati tutti raccolti e conservati: di seguito riporto alcuni frammenti di ricordi lontani.
Io bambina
“La casa di quando ero bambina era piccola ma piena di amore, complicità e felicità: alla sera, quando si preparavano i letti per andare a dormire, si trasformava quasi in un dormitorio.
Ci bastava poco perché eravamo molto uniti e condividevamo gioie e dispiaceri. La mamma era molto esigente per quanto riguardava l’ordine che era diventato il nostro pane quotidiano e che è rimasto radicato in me.
Il cortile del mio caseggiato era il mio regno e giocavo per ore con gli altri bambini. Giochi non ne avevamo ma ci bastava giocare a mago libero, a nascondino, al mondo per passare il pomeriggio in allegria. Il ricordo di quei tempi mi fa sentire riempita e piena di gioia.
Ricordo d’estate il profumo dei peperoni, il battere sul tagliere delle mamme che preparavano il minestrone per la cena e il loro richiamo che ci sollecitava
a ritornare a casa.“
Il mio pane dei ricordi
Tornare a casa
La mamma che apre la porta
La mamma che ride
La mamma che canta
La mamma che ti aspetta
Tu che entri nel nido

Perdersi a Milano ....in autunno
C'é chi si perde nella vita, io mi sono persa in una città.
Ho scoperto così angoli incredibili, deliziosamente romantici come un giardinetto inselvatichito ma con una siepe di roselline bianche ed un alberello di melograno.
Stradine acciottolate, ragazze in bicicletta, silenzio, passi smorzati su tappeti soffici di foglie gialle che folate di vento impetuoso trascinano in mulinelli.
C'é lo sguardo attento di un bimbetto in carrozzina che cerca il vento ed é come se mi avesse socchiuso le porte dell'infanzia.
E queste folate di vento si impadroniscono anche di me sospingendomi in salvo.
Chissà se perdere la strada non significhi in fondo ritrovarsi!
Io ci ho trovato altre atmosfere ed altri ricordi e per un attimo ho percepito il sentimento dell'attesa di un incontro romantico, su quelle strade simili a quelle che percorrevo da ragazza, con una lettera d'amore fra le mani.
Credo che tutto possa rivivere ancora quando nel cuore abbiamo poesie e sogni
Allora é facile immaginare un valzer lento, carico di magia, in cui lasciarci trascinare, se conosciamo i passi... e se vogliamo continuare a sognare.”
Una seconda forma espressiva che ho usato molto è stata quella del collage.
Collage è una parola che riporta all’infanzia, alla riscoperta del gioco, che permette di giocare con le immagini cogliendone gli stimoli evocativi.
Fare collages è qualcosa di concreto, fisico e dinamico, permette di comporre, mettere insieme immagini , strappare e ricomporre parti di immagini seguendo il proprio filo interiore e contemporaneamente sviluppa il piacere di creare con le proprie mani( toccare, ritagliare, incollare).
Sfogliando riviste si trovano immagini che si adattano perfettamente a ciò che si vuole esprimere; ciò che si ha dentro prende facilmente una forma comunicabile a tutti perché scavalca i limiti della tecnica del disegnare e del dipingere.
Oltre ai collages individuali ho fatto fare anche collages collettivi che aiutano a sentirsi gruppo poiché sono il frutto di confronti e mediazioni che portano ad una collaborazione attiva.
Da ultimo, quando emergevano delle storie adatte, ho usato la teatralità e
la drammatizzazione.
Ho fatto mettere in scena delle storie importanti ma anche semplici, piacevoli , allegre e a volte anche comiche secondo il metodo del P.B.Theatre , un particolare metodo di improvvisazione teatrale che permette al narratore di veder rappresentata la propria storia dagli altri mentre lui fa da spettatore e guarda un pezzetto della sua vita come in uno specchio.
E’ una forma di rappresentazione assai utile da vari punti di vista: per chi fa l’attore si sviluppano processi di immedesimazione ed il piacere di esprimersi col corpo, per chi osserva la propria storia di rileggere la propria vicenda con la dovuta distanza riflessiva.
Inoltre spesso gli attori, improvvisando liberamente, danno anche al narratore stimoli e spunti per una più articolata visione di sé; inoltre attraverso la rappresentazione di storie piacevoli ed a volte buffe, si stimola il senso dell’ironia e dell’autoironia che sono strumenti potenti per entrare nella vita con passo più leggero.

UN BILANCIO

Credo che un bilancio di quest’esperienza lo possano fare meglio di me, attraverso le proprie parole, le persone che hanno frequentato in questi anni il mio laboratorio.
“ Questa sosta, non voluta e non cercata, ha aperto lo spazio di meditazione che tanto avevo desiderato. Pensavo però che la mente non sarebbe stata libera e creativa perché il dolore ti prende e attira tutti gli interessi su di sé e altre vie vengono precluse.
Non è stato così
“ In questi mesi, mentre scrivevamo e facevamo un po' salotto, alternando qualche risata a discorsi seri, come il dolore e la malattia, abbiamo ritrovato il sorriso ed abbiamo imparato a rivalutare le nostre potenzialità, come la fantasia e la creatività.
Abbiamo saputo ritagliarci i nostri spazi nel quotidiano ed abbiamo anche sentito la necessità di prendere un po' le distanze dalla malattia, facendo sì che non fosse più il pensiero dominante delle nostre giornate.”

“ Le ore preziose che ho trascorso nel nostro laboratorio artistico hanno costituito per me un momento di riflessione, una pausa che, se anche forzata, era necessaria per me, per tentare di ricostruirmi prima di riprendere il cammino con le nuove gioie e le nuove sfide che attendono ciascuno di noi, sempre, inevitabilmente.”
“ Sono stata guidata a riappropriarmi dei miei ricordi, di questa mia grande ricchezza, per rielaborarli da una diversa prospettiva. Mi sono riappropriata dell'essenza delle gioie e dei dolori che hanno attraversato anche il mio cammino e che possono spiegare la persona che sono oggi... Mi sono riappropriata davvero della mia storia e quindi di me stessa.
E con dolcezza, con sottile malinconia, con nostalgia posso.....continuare a ricordare ....e a raccontare…”
Vorrei comunque dire che narrare la propria storia è un percorso che fa bene ed è utile a tutti, a chi è malato e a chi non lo è, alle persone giovani che, pur avendo un’esperienza di vita più breve , possono proseguire il proprio cammino con maggior consapevolezza e spirito riflessivo, ed alle persone meno giovani che, riappropriandosi del proprio passato possono anche, come ha detto una frequentante”riappropriarsi della magia del tempo” e, riappropriandosene, assumere anche un ruolo maggiormente attivo e propositivo nella realtà, sempre in divenire per tutti.

Per tutte le persone che desiderano informazioni sul laboratorio artistico si può contattare a.ruschena@tiscali.it

pagina precedente

home

e-mail