Tina

Nei miei ricordi di bambina, se penso alla zia Tina , vedo un'immagine precisa: io e lei, per mano, che saliamo una lunga e larga scala di marmo lucido, le pareti sono piene di quadri enormi con cornici dorate; entriamo in un salone che mi sembra immenso, pieno di divani candidi e soffici cuscini, il pavimento è rivestito da tappeti colorati, ci sono piccolo tavolinetti con vassoi e bricchi d'argento, vasi di fiori e piante verdi in ogni angolo, cornici d'argento in piccole nicchie alle pareti, mobili scuri di legno lucido. Io non so dove guardare, sono tante le novità per me, vorrei toccare, sedermi su quei divani, girare per quelle stanze enormi che contengono cose mai viste. La zia si muove sicura, apre gli armadi e ripone cose ritirandone altre che poi porterà con sé. Poi spegne tutte le luci e, controvoglia, mi fa ridiscendere la lunga scala di marmo. Lasciamo l'appartamento dei padroni di casa, i signori Ferrazzi, per tornare nella portineria. La stanzetta ha una larga finestra con inferriate ed è più in basso della strada, vediamo, da dentro, le gambe delle persone che passano fuori: qui c'è la cucina, un piccolo lavandino chiuso in ante di legno, un divano, tavolo e sedie e in un angolo la macchina da cucire. La parete vicino alla porta d'ingresso ha una piccola finestra da portineria che la zia apre quando arriva qualcuno a chiedere informazioni. Qui lei lavora come portinaia e come sarta, qui vive con lo zio Giovanni e con i figli Pierluigi e Ulisse. Si sono trasferiti da san Gervasio ed ora abitano a Brescia e quando mi invitano io tocco il cielo con un dito

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