Pralboino, nella bassa bresciana: grigio di nebbia, fitta e avvolgente, in inverno, arancio di grano steso ad asciugare sulla piazza, in estate. La mattina presto, in inverno, la strada principale si riempiva di voci di bambini che, con la cartella in mano, andavano a piccoli gruppi verso la scuola nuova appena fuori dal paese.
Solo le voci riempivano la via, il resto, tutto, era avvolto nella nebbia. Voci di donne anziane che passavano avvolte negli scialli neri tornando dalla chiesa, rumore di biciclette. Tutt'intorno odore di freddo, di fumo dei camini e di stalla.
In estate , la piazza davanti alla chiesa, si riempiva di grano arancione che i contadini portavano a seccare al sole. Verso sera sui carretti tornavano a riunirlo, usando rastrelli e badili, in montagnole che ricoprivano con sacchi di iuta e lasciavano fino al giorno dopo. Solo allora la piazza ritornava ad essere il nostro posto ed i giochi potevano riprendere.
Le lunghe sere d'estate, azzurre, piene di voci di rondini, limpide e profumate di fieno, erano nostre, solo nostre, e si aprivano ai giochi sulla piazza e dietro alla chiesa fino a quando le donne delle case vicine ritiravano le sedie dalle porte di casa su cui avevano aspettato, chiacchierando, il fresco della sera, e rientravano salutandosi.
Il silenzio tornava ad essere padrone della piazza, interrotto solo dal rumore dei passi frettolosi di chi tornava a casa passando sotto ai portici di lato alla chiesa e dai rintocchi lenti delle campane.