“Combattevano in lei un'anima leggera e sognatrice e una invece saldamente e costantemente ancorata alla realtà…La leggerezza brillava nei suoi occhi nonostante i modi spesso rigidi, e sempre sobri e austeri. Era una leggerezza che i fatti avevano soffocato, e di cui tuttavia lei conservava una memoria lieta, piena di gratitudine. Lo penso ricordando il sorriso aperto, ingenuo in cui a volte si apriva, offrendo a chi ne era spettatore lo stesso calore di un abbraccio inaspettato; lo penso ricordando le risate a cui sapeva abbandonarsi, liberamente. Ci si sentiva immersi standole vicino, in un universo, dove le regole del mondo riuscivano a legarsi a una libertà ariosa, a un respiro che riusciva sempre ad essere più lungo di quello degli avvenimenti…" |
Nasce a Palermo il 14 luglio 1916 da una famiglia ebraica di origine triestina, colta e istruita :il padre, Giuseppe Levi, professore universitario, soprannominato, dai figli, pomodoro, per i suoi capelli rossi, la madre, Lidia Tanzi, figlia di Carlo Tanzi, avvocato socialista, amico di Turati, e cinque fratelli. Natalia è una bambina non molto vivace, poco loquace e chiusa che ama molto leggere, non frequenta le scuole elementari ,ma studia privatamente e si prepara a casa, da grande pensa di fare la scrittrice o il medico. Trova, fin da subito, nella scrittura, la propria salvezza :la scrittura le da la forza per vincere l'abbandono e la disperazione. A diciassette anni termina il suo primo vero brano narrativo,Un'assenza e l'anno dopo il giornale fiorentino Solaria pubblica il secondo racconto, "I Bambini". Di Leone Natalia scrive:” La cosa strana, con la persona giusta, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata e torva per anni, d'un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e di ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessun essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un poco così inoffensivi, così' semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede una infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male. Eppure noi siamo infinitamente tranquilli.” E' amore per tutti e due. Anche Leone e la sua famiglia sono di origine ebraica. Quando raggiunge la maggior età chiede la cittadinanza italiana ed inizia la sua militanza politica antifascista attiva fondando la cellula torinese di Giustizia e Libertà. Nel 1940, con l' entrata in guerra dell'Italia, Leone, considerato elemento troppo pericoloso per la stabilità del regime, viene mandato al confino a Pizzoli in Abruzzo con la moglie ed i due figli.Qui, in Abruzzo ha il suo terzo figlio, una bambina. E' questo un periodo lungo e difficile di cui Natalia scrive in un suo racconto: ”Quando venni al paese di cui parlo, nei primi tempi tutti i volti mi parevano uguali, tutte le donne si rassomigliavano, ricche e povere, giovani e vecchie. Ma poi a poco a poco cominciai a distinguere Vincenzina da Secondina, Annunziata da Addolorata, e cominciai a entrare in ogni casa e a scaldarmi a quei fuochi diversi… Quando la prima neve cominciava a cadere, una lenta tristezza s'impadroniva di noi. Era un esilio il nostro: la nostra città era lontana e lontani erano i libri, gli amici, le vicende varie e mutevoli di una vera esistenza”. Tornano insieme a Roma nel 1944 “ "Arrivata a Roma credetti che sarebbe cominciato per noi un tempo felice. Non avevo molti motivi per crederlo, ma lo credetti. Leone dirigeva un giornale clandestino ed era sempre fuori di casa. Lo arrestarono, venti giorni dopo il nostro arrivo; e non lo rividi mai più". Ridotto in fin di vita per i continui interrogatori, le torture e le percosse, Leone muore nella sua cella nel febbraio del 1944. Allora quando piangevi “…Siamo stati molto felici insieme… Leone era il contrario di me. Lui sapeva tutto, tutto di un paese, tutto di tutte le cose, come sono nella realtà'. Però gli piaceva molto stare con me. Si divertiva a parlarmi. Siamo stati tre anni al confino, durante la guerra, e lui non aveva amici, non aveva nessuno con cui parlare, ma diceva che non gl'importava niente di non avere amici, perche' io ero il suo amico, gli bastava, così siamo stati molto bene insieme.. Io ero felice ogni giorno. Quel tempo mi sembra tanto lontano. Quasi un'altra vita…Mi restano i bambini.” Si trasferisce a Firenze: “Mi ritrovai con mia madre a Firenze. Aveva sempre, nelle disgrazie, un gran freddo ; e si ravviluppava nel suo scialle. Non scambiammo, sulla morte di Leone, molte parole. Lei gli aveva voluto molto bene ; ma non amava parlare dei morti, e la sua costante preoccupazione era sempre lavare, pettinare e tenere ben caldi i bambini”. Natalia entra nel silenzio e nel vuoto, l'uomo che aveva amato di un' amore straordinario e pieno di rispetto,non c'era più. Poi, col tempo, lentamente, Natalia risale l'abisso del dolore. Grande è sempre stata la sua forza ed anche questa volta si risolleva e supera la disperazione, rialza il viso forte, lo sguardo triste e, 'con cappottino grigio e scarpotte tonde e basse' che le danno un aspetto dimesso, sua caratteristica principale da sempre, ritorna a Torino dove riprende il lavoro con la casa editrice Einaudi. Nel 1947 esce il suo secondo romanzo 'E' stato così'. Per Natalia scrivere è un mestiere, un mestiere difficile e, ripete spesso che lei non avrebbe potuto fare che un mestiere, quello che " ho scelto e che faccio, quasi dall'infanzia". Scrivere è " un mestiere che non tiene compagnia, non rappresenta una consolazione, né uno svago. Per scrivere cose che servono bisogna sentirsi stanchi; è lo scrivere in se stesso che deve stancare e deve rifuggire dall'evasione. E' necessario essere reticenti rispetto al proprio dolore privato (i sentimenti forti inquietano il cuore), per poter intervenire efficacemente sul 'dopo'." Lei scrive "per mettere a nudo la sua verità" senza " truffare con le parole" e vuole scrivere "come un uomo, in modo che le sue frasi fossero per il lettore una continua e perenne frustata. Per lei la scrittura femminile , è priva di ironia,e le scrittrici: “sono sempre umide di sentimenti, ignorano il distacco". Nel 1948 scrive un articolo intitolato Discorso sulle donne , apparso nel marzo-giugno sull'ultimo numero della rivista «Mercurio» dove parla della difficoltà delle donne ad essere attive nella storia. A Natalia Ginzburg risponde con una lettera Alba De Cespedes che scrive che è vero che le donne cadono nei pozzi e che in quei momenti possono anche compiere gesti estremi, ma è anche vero che i pozzi sono la forza delle donne. "Poiché ogni volta che cadiamo nel pozzo noi scendiamo alle più profonde radici del nostro essere umano e nel riaffiorare portiamo con noi esperienze tali che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini non comprenderanno mai". Nel 1950 sposa Gabriele Baldini, critico e studioso di letteratura inglese,e per Natalia inizia un nuovo periodo di vita pieno e intenso per la sua scrittura, con lui avrà altri due figli. Nel 1952 pubblica 'Tutti i nostri ieri' e nel '57 il volume di racconti 'Valentino', nel '61 esce 'Le voci della sera', nel '62 'Le piccole virtù'. E' nel 1963 che con 'Lessico familiare' vince il premio Strega. Scrive di getto l'intero romanzo, rispondendo ad un suo forte bisogno interiore di tornare alle origini, troppe voci dentro di se chiedono, insistentemente, di essere ascoltate, forse ascoltando e seguendo queste voci potrà meglio comprendere la sua vita e capire dove stia andando. "Lessico famigliare non può considerarsi una semplice autobiografia… è un insieme di ricordi, che il trascorrere del tempo può avere reso imprecisi, labili…Ho scritto soltanto quello che ricordavo. Perciò se si legge questo libro come una cronaca, si obbietterà che presenta infinite lacune. Benché tratto dalla realtà, penso che si debba leggerlo come un romanzo: e cioè senza chiedergli nulla di più, né di meno, di quello che un romanzo può dare". Nel 1969 un altro lutto la colpisce: muore improvvisamente il marito. Ancora una volta la scrittura viene in suo aiuto, questo è per lei un periodo molto intenso dedicato alla scrittura. Esce nel 1970 la raccolta di saggi 'Mai devi domandarmi' e il romanzo 'Caro Michele' nel '73, nel '74 la raccolta di saggi e articoli 'Vita immaginaria' e molti altri racconti. Traduce 'La strada di Swann' di Proust, è dell' 84 il romanzo epistolare 'La città e la casa' e del '90 il saggio 'Serena Cruz o la vera giustizia'. E' autrice anche di commedie: 'Ti ho sposato per allegria' e 'Paese di mare'. Nel 1983 Natalia viene eletta in Parlamento nelle liste del Partito Comunista Italiano, come indipendente, dove si impegna, animata da grande senso di giustizia e passione in cause umanitarie importanti. Muore nell'ottobre del 1991, nella sua casa romana. Qualche anno prima, in un articolo, aveva scritto: "…pensiamo che la morte darà riposo. Immaginiamo allora la morte come un piccolo paese, o come una piccola casa, o una stanza. Qui abiteremo per sempre, con tutte le persone che abbiamo amato. Delle diverse idee che abbiamo sulla morte, questa è l'idea che più di tutte ci è cara. Il vero riposo è stare sempre con le persone amate. E perché non potrebbe essere così la morte? Chi l'ha detto che non sarà così?" Enzo Biagi la descrive come una donna con "…un volto forte, occhi che ti fissano inseguendo un pensiero. Con lei puoi conversare senza imbarazzo; senti che in ogni caso, ci sarà una risposta sincera. Senti che è una donna che ha anche il coraggio della sua debolezza.". In un'intervista ad un certo punto le chiede: “signora Ginzburg, cosa conta quaggiù?"
|