Un
giardino tropicale, una natura rigogliosa di piante carnose e fiori enormi, su cui si
staglia il blu cobalto intenso della Casa-museo.
L'amica mi porta con sè all'interno fino alla cucina, dai mobili gialli, piena di
ceramiche e monili messicani che il sole fa risplendere rendendoli ancora più smaglianti.
La sua descrizione è così 'partecipata' ed io ho ancora negli occhi le scene del film,
che mi sembra di essere presente e di sentire la magica presenza di Frida: il suo studio,
il cavalletto con le tele ed i pennelli, i colori e la sedia a rotelle, la sofferenza
fisica di Frida, così violenta ci viene incontro, ora.
Per l'intera vita porterà con sé un dolore continuo e lacerante, subirà ben trentadue
operazioni, e tutto questo non le impedirà di difendere il suo lavoro con tenacia,
continuarlo anche quando le sofferenze del corpo vorrebbero altro.
Commuove la sua capacità, la sua grande forza nel trasformare questa lacerante sofferenza
in potenza creativa.
La sua camera è piena di fotografie, vestiti ed il corsetto di gesso
che era costretta a portare su cui aveva dipinto farfalle e fiori.
Un'enorme specchio sovrasta il letto, quel letto su cui si trovò inchiodata dal dolore e,
proprio guardandosi
allo specchio, collocato sopra di lei, iniziò i suoi primi autoritratti
passando poi ai ritratti dei familiari e degli innumerevoli amici.
La pittura diventa la sua liberazione, il mezzo per rappresentare la sua intensa vita
interiore, la sua vitalità fuori dal comune: 'Non ho mai dipinto sogni, ho dipinto la
mia realtà'.
Sceglie di rendere il corpo femminile nella sua nudità più degradante, nei suoi aspetti
più vergognosi e rimossi: putrefazioni, escrezioni, vomito, urina, piaghe e cicatrici del
corpo e della psiche, materia onirica senza mediazione interpretativa e scrive:
'Sono questa donna che guarda. Sono questa donna che piange. Sono questa donna che
riassume in una mutilazione auto-imposta (il taglio dei lunghi capelli) il lutto dei corpo
e del cuore. Sono questa donna che precipita al rallentatore dall'alto di un grattacielo e
viene a morirmi davanti agli occhi, incapace persino la cornice di contenerne il corpo e
arginarne il sangue'
Visse appena 47 anni
Nata nel 1907 da una unione molto singolare fra un ebreo ungherese
finito in Messico contro la sua volontà, e una mezquita, una meticcia locale.
Fu molto legata al padre, fotografo di talento, che amava sia la letteratura che la
musica.
Sua madre, Matilde Calderon y Gonzales, figlia di una messicana e di un indios, era nata a
Oaxaca, antichissima città azteca.
Frida era bella: nei suoi tratti si mescolavano quelli slavi del padre e quelli indios
della madre, aveva una dolcezza intensa e si ritrasse nei quadri meno bella di quanto
appare nelle fotografie.
Piena di passione per la vita e di passione politica, comunista dichiarata prese parte a
tutte le lotte pacifiste e ai movimenti a difesa dei molti oppressi e poverissimi della
grande nazione centroamericana.
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Il 13 luglio 1954, pochi giorni dopo aver compiuto 47 anni,
Frida muore. La " Casa Azzurra ", meta di migliaia e migliaia di visitatori, è
rimasta intatta, così come aveva voluto Diego Rivera, famoso pittore di cui si innamorò
e sposò nel 1929, che la lasciò al Messico.
E' una casa meravigliosa, semplice e bellissima, con muri colorati, luce e sole, piena di
vita e di forza interiore come la sua proprietaria: Frida Kahlo.
25-1-2006
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