“Sono nata nel 1931, durante la depressione. Non so come sia stata in Europa, ma nel Nord America è stata disastrosa. Non eravamo disperatamente poveri. Eravamo mentalmente poveri. Coltivavamo il nostro cibo, le nostre verdure…nella mia memoria il ricordo del lustro bordo di nichel delle vaste e maestose stufe nere ,gli scolapiatti di legno fradicio, la luce gialla della lanterna a olio. Il bricco del latte in veranda, le mele in cantina, i tubi della stufa che uscivano dai buchi nel soffitto, la stalla intiepidita d' inverno dai corpi e dai fiati delle mucche ... E in una di queste case - non ricordo di chi - c' era una grossa conchiglia di madreperla che riconoscevo come messaggera di luoghi vicini e lontani, perché potevo portarla all' orecchio, quando in giro non c' era nessuno a impedirmelo, e sentire il battito formidabile del mio cuore, e del mare… " |
"Nostro padre allevava volpi argentate. Allora erano molto alla moda. Poi, durante la guerra, quel tipo di pellicce è passato di moda. Ed è stato costretto ad andare a lavorare in una fabbrica, in una fonderia. Mia madre si è ammalata molto gravemente di Parkinson ed è vissuta per quasi vent' anni in questa condizione disperata. E io, io ero la figlia più grande “ Nel libro La vista da Castle Rock, Alice Munro racconta la storia della sua famiglia, i Laidlaw, venuti in Canada dalla Scozia nell'Ottocento: contadini poveri e austeri. Quand'era piccola, Alice racconta storie a se stessa, e le capita di cambiare il finale a quelle che legge e che non la soddisfano, scrivere le piace molto e lo fa in ogni momento libero con gioia e piacere. Da adolescente comincia a pubblicare i suoi primi racconti su alcune riviste e da allora non ha più smesso. E' scrittrice, essenzialmente, di racconti, brevi o lunghi : E proprio con il titolo: “Una casalinga trova il tempo di scrivere racconti”, un giornale locale, il New Yorker, nella piccola cittadina sull'Ontario in cui è cresciuta, aveva pubblicato il suo primo libro. Mentre il racconto per lei "non e' una strada che ci si mette a percorrere, e' una casa. E in questa casa, costruita e arredata secondo i suoi gusti, lei ci fa entrare, spalancando le porte e permettendo di accomodarci dove meglio crediamo per vedere passare, di volta in volta, le persone che la abitano e per poterle conoscere nelle pieghe della loro anima, nelle loro incertezze, i loro vuoti, le loro ombre, in una continua esplorazione attenta e partecipativa dell'animo umano. E' il suo, un lento lavoro di indagine dell'animo umano in tutte le sue sfaccettature dove ordinario e straordinario si intrecciano per fare emergere intimità segrete che coinvolgono completamente noi che siamo spettatori partecipi di tutto questo. Le donne che popolano le sue storie sono continuamente alla ricerca della propria 'essenza', della propria completezza, nella quotidiana difficoltà a conciliare questo loro bisogno, voglia, necessità di indipendenza con il quotidiano della vita domestica, la famiglia, i figli, i genitori, per cercare di difendere e realizzare la loro creatività nello scontro con i doveri e le necessità degli altri. All'inizio di una nuova storia, Alice si siede e guarda fuori dalla finestra per una settimana, senza scrivere una parola, “solo lasciando che le cose si depositino nella mia testa” e dice di " non costruire storie" ma di " acciuffare con la mano qualcosa nell'aria"; vede le sue storie per immagini, prima che diventino parole. Spesso comincia con l'immagine di un evento e delle persone coinvolte. Oggi questa signora elegante, dai capelli argentati, alta e un po' curva per l'età, ha settantotto anni, continua a scrivere “Se posso scrivo tutti i giorni, appena mi sveglio e ho fatto il caffè, e cerco di avere due o tre ore tutte per me prima che la vita vera mi trascini via”. Ha pensato, per un momento, di smettere “… sto invecchiando. Sono vecchia. Quando succede, fare le cose che devi fare richiede sempre più tempo e concentrazione. Non puoi più martellare sui tasti, rapita alle tre di notte dal finale di una storia. Non puoi più essere il grande scrittore, quello con il brutto carattere e le cattive abitudini e la genialità graffiante dei vecchi film. Non che io lo sia mai stata (in effetti non ricordo che nessuno di questi geni sia mai stato una donna), ma l'idea è sempre sopravvissuta da qualche parte nella mia testa, come qualcosa che un giorno avrei potuto provare a essere. Non lo farà, non smetterà di scrivere perché è troppo difficile rinunciare a quel momento meraviglioso “quello in cui hai l'idea, o meglio inciampi nell'idea, ci sbatti contro, come se stesse vagando da sempre nella tua testa. È già lì, ancora senza lineamenti precisi, ma armoniosa e brillante. Non è la storia. È lo spirito, il centro della storia, qualcosa che non è fatto di parole, ma che può sorgere alla vita, almeno a una vita pubblica, soltanto quando le parole lo avvolgono. Un oggetto ancora non guastato, ancora protetto dalle interferenze. In una forma più bella di quella che avrà mai, dopo essere stato stirato e schiacciato dentro le tue frasi “. La stessa scrittrice tornando al tema della vecchiaia afferma di non averne mai avuto paura ”… ma ora, a settantasette anni ( all'epoca dell'intervista ), sento che il tempo si sta chiudendo. E ho un po' paura delle cose che possono succedere. Di quello che ho visto succedere agli altri. Non c' è che una cosa da fare. Stare più attenta che in passato a come uso il tempo che mi è concesso. Voglio usarlo al meglio. Magari - sorride - per scrivere”. Io ho appena finito di leggere "Nemico, Amico, Amante" e sono stata piacevolmente e completamente coinvolta da tutte le storie di donne, meravigliose, che la scrittrice mi ha fatto conoscere e amare.
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